“I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità. È tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa.”
(L.S. 25)
Negli ultimi anni, la comunità internazionale ha riconosciuto la portata della crisi climatica e ha compiuto sforzi significativi per affrontarne l’impatto attraverso vari accordi, compresi gli sforzi per costruire quadri giuridici, raccogliere dati e condurre analisi rigorose sulle conseguenze della crisi climatica, nonché l’impegno di molti attori della società civile – in particolare i giovani – nel rispondere a questa sfida.
Come dichiara Papa Francesco, “siamo nel mezzo di un’emergenza”. La crisi climatica continua a minacciare i diritti fondamentali delle persone e gli sfollamenti causati dai cambiamenti climatici sono in aumento. La crisi climatica ha un volto molto umano. È già una realtà per moltissime persone vulnerabili in tutto il mondo. La Chiesa Cattolica mostra una cura pastorale attenta per coloro che sono stati sfollati dalle loro case a causa degli effetti di questa crisi climatica.
La crisi climatica può portare allo sfollamento quando le case diventano inabitabili o si perdono i mezzi di sussistenza. Lo sfollamento può avvenire sia a causa di fattori scatenanti di rapida insorgenza, principalmente fenomeni meteorologici estremi come inondazioni, tempeste, siccità e incendi, sia a causa di processi di lenta insorgenza, come la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali, la scarsità d’acqua, l’aumento delle temperature e l’innalzamento del livello del mare.
La crisi climatica sta già provocando e aggravando gli spostamenti di persone a causa dei disastri naturali di breve e lungo termine. Solo nel 2020, quasi 31 milioni di persone sono state sfollate a causa di disastri naturali, il numero più alto mai registrato. Si stima che dal 2008 al 2018 oltre 253,7 milioni di persone siano state sfollate a causa di disastri naturali, con un numero di sfollati da tre a dieci volte superiore a quello dei conflitti armati in tutto il mondo, a seconda della regione in questione. Entro il 2050, si stima che 250 milioni di persone saranno colpite da sfollamenti forzati e i gruppi più vulnerabili della società continueranno a soffrire di più. (IDMC, 2020)
La crisi climatica è anche una causa di conflitto in tutto il mondo, che può essere un ulteriore fattore di sfollamento. Il nesso è reale, anche se non sempre diretto. In alcune situazioni, la crisi climatica porta all’esaurimento delle risorse naturali, che a sua volta può innescare conflitti tra comunità e nazioni per il possesso di risorse scarse. Il cambiamento climatico può essere visto come un moltiplicatore di minacce, che intensifica i conflitti esistenti dove le risorse scarseggiano. Come avverte Papa Francesco nella Laudato si’, “è prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni”.
Purtroppo, anche le forme di sviluppo atipiche possono contribuire all’aumento della povertà e degli sfollati. Come ammoniva San Paolo VI quasi mezzo secolo fa, "l’uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione”. I nostri modelli economici distorti contribuiscono essi stessi a questo aspetto. “Alcune regole economiche si sono dimostrate efficaci per la crescita, ma non per lo sviluppo umano integrale. La ricchezza è aumentata, ma insieme alla disuguaglianza, con il risultato che "stanno emergendo nuove forme di povertà”.
Nel caso di rischi naturali come gli eventi meteorologici estremi, potrebbe essere possibile il ritorno delle vittime sfollate. Lo sfollamento, tuttavia, sarà permanente per la maggior parte delle persone nel caso di gravi disastri naturali e di fronte a processi a lungo termine come l’innalzamento del livello del mare. Il livello del mare continuerà a salire con il riscaldamento del clima, minacciando le città e i terreni agricoli e da pascolo di tutto il mondo. A livello globale, circa 145 milioni di persone vivono entro un metro sopra l’attuale livello del mare e quasi due terzi delle città del mondo con una popolazione superiore ai cinque milioni di abitanti si trovano in aree a rischio di innalzamento del livello del mare. Quasi il 40% della popolazione mondiale vive entro 100 km dalla costa.
In mezzo a queste realtà complesse, i più vulnerabili potrebbero non essere in grado di trasferirsi, indipendentemente dalle circostanze, a causa della povertà o di altre ragioni. È fondamentale rispondere alle popolazioni immobili o a quelle che non sono in grado di spostarsi a grandi distanze.
Di fatto, la protezione internazionale per gli sfollati indotti dal clima è limitata, frammentaria e non sempre giuridicamente vincolante. In particolare, gli sfollati climatici non sono sempre definiti come una categoria che richiede protezione e non sono esplicitamente riconosciuti dalla Convenzione sui rifugiati del 1951. Pertanto, spesso esiste un vuoto di protezione per loro sia quando sono sfollati all’interno dei confini nazionali che attraverso i confini internazionali. Tuttavia, indipendentemente dal loro status giuridico, tutti gli Stati hanno l’obbligo di proteggere i loro diritti umani fondamentali. Inoltre, tutti gli sfollati climatici meritano cure e assistenza adeguate, in accordo con il diritto internazionale e gli standard umanitari esistenti.
La Chiesa cattolica è preoccupata da queste sfide e dall’impatto della crisi climatica sulla dignità degli esseri umani. Insieme ai governi, alle altre confessioni cristiane, alle altre tradizioni di fede e alle persone di buona volontà, la Chiesa intende rispondere a queste sfide.
Gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici, sviluppati nel 2019 attraverso un esercizio di ascolto delle Conferenze episcopali e delle organizzazioni cattoliche di tutto il mondo, illustrano le nuove sfide poste dall’attuale scenario globale e suggeriscono risposte pastorali adeguate. Lo scopo principale di questi orientamenti è quello di fornire, a loro volta, una serie di considerazioni chiave che possano essere utili alle Conferenze episcopali, alle chiese locali, alle congregazioni religiose, alle organizzazioni cattoliche, agli agenti pastorali cattolici e a tutti i fedeli cattolici nella pianificazione pastorale e nello sviluppo di programmi per un’assistenza efficace agli sfollati climatici.
Sono profondamente radicati nella riflessione e nell’insegnamento della Chiesa e nella sua esperienza pratica di risposta ai bisogni degli sfollati, sia all’interno dei confini dei loro Paesi d’origine che all’esterno.
Come ha chiesto Papa Benedetto XVI nel 2010: “Possiamo ignorare il crescente fenomeno dei ‘rifugiati ambientali’, persone che sono costrette dal degrado del loro habitat naturale ad abbandonarlo – e spesso lasciando anche i loro beni – per affrontare i pericoli e le incertezze della migrazione forzata?”.
Nella prefazione degli Orientamenti Pastorali, Papa Francesco indica la strada da seguire: “Bisogna dare loro la pos sibilità di farlo, e aiutarli perché possano costruire un nuovo futuro per i loro figli. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono tutti verbi che corrispondono ad azioni adeguate. Togliamo quindi uno per uno quei massi che bloccano il cammino degli sfollati, ciò che li reprime e li emargina, che impedisce loro di lavorare e di andare a scuola, ciò che li rende invisibili e nega loro la dignità”.
Articolo di: Amaya Valcárcel (Sezione Migranti e Rifugiati Santa Sede - Ricercatrice)
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