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Omelia: “Questo popolo mi onora con le labbra...”

Il problema è il cuore! Torniamo sempre lì, al centro, al cuore! “Dio vuole essere il Dio del tuo cuore” ci ricorda s. Francesco di Sales; non il Dio delle preghiere dette solo con le labbra; non il Dio delle messe senza anima; non il Dio dei precetti osservati per sentirsi bene in seguito o perché gli altri non abbiano a dire male di noi... L'amore non è dettato da norme.


Omelia: “Questo popolo mi onora con le labbra...”

Letture: 

Deuteronomio 4, 1-8 Giacomo 1, 17-22.27 Marco 7, 1-23

Ti invito a prendere in mano la Bibbia e a cercare il brano di Vangelo di questa domenica (riprendiamo la lettura di Marco) e di spenderci sopra una decina di minuti: lettura, rilettura, riflessione sul senso del testo e poi la domanda chiave per cogliere il messaggio che fa per te! Lo so che costa fatica, ma solo così la Parola porterà frutto nel tuo cuore e nella tua vita e ti darà la gioia che tiene in serbo per te.

Ti faccio partecipe di alcune riflessioni che sono nate nella mia mente e nel mio cuore leggendo lo stesso brano.  

1.  La frase che mi fulmina da anni è questa: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me!”

Non saprei trovare un lamento più angosciato e terribile di questo. Non è solo un amore tradito, ma un amore ingannato, camuffato, mascherato come amore, quando invece di amore non c’è nulla. Così tremendo ma così vero! Quante volte me lo sono sentito risuonare dentro il cuore, dopo un rosario detto solo con le labbra, dopo una messa celebrata senza troppa attenzione, dopo una preghiera svogliata e distratta… Forse sarà capitato anche a te di sentirti al sicuro di fronte al Signore per essere andato a messa la domenica, per aver digiunato il venerdì santo, per aver compiuto pratiche religiose (pellegrinaggio, novena…). E sai qual è il passo successivo? Quello di sentirsi non solo a posto con il Signore, ma in credito con Lui! Ho fatto tutto questo, mi merito qualcosa, anzi parecchio!  Come dicono i bambini: Cosa mi dai?

2. Fariseo!!!  Ancora oggi la parola fariseo indica uno che è dissociato tra ciò che fa e quello che ha nel cuore, tra vita e pensiero, tra azione e interiorità. Ecco la parola che il Vangelo di oggi mi pare voglia suggerire: non curare l’esterno, la pulizia da fuori del piatto o del bicchiere! Preoccupati di essere bello e luminoso dentro, quindi cura il tuo cuore, la tua interiorità, perché da lì nasce l’intenzione, il sentimento… lì si trova la fonte da cui dipende la purezza e la potabilità dell’acqua… della tua vita!

Oggi tanta gente sta male (e forse anche tu) perché manca di interiorità: vive fuori di sé, in un tentativo di apparire, di dare un’immagine diversa da quello che si è realmente (quindi è un’immagine fondamentalmente stupida).

3. Il problema è il cuore! Torniamo sempre lì, al centro, al cuore! “Dio vuole essere il Dio del tuo cuore” ci ricorda s. Francesco di Sales; non il Dio delle preghiere dette solo con le labbra; non il Dio delle messe senza anima; non il Dio dei precetti osservati per sentirsi bene in seguito o perché gli altri non abbiano a dire male di noi….  L’amore non è dettato da norme. La religione del cuore può essere praticata solo da chi ha raggiunto una fede adulta e matura, da chi è libero, sincero, aperto alla luce di Dio e agli impulsi dello Spirito.

Prova a sostare per un certo tempo davanti al Tabernacolo e lasciati avvolgere da questa domanda: “Chi è il Signore del mio cuore?” La risposta non tarderà a zampillare con verità sorprendente.

4. La pietra e la tartaruga: un’altra conseguenza dell’essere fariseo, cioè dissociato tra interno ed esterno, è quella che porta ad essere duri, severi, intransigenti con gli altri. Ricordi la parabola del Fariseo e dell’esattore delle tasse? (cfr Lc 18, 9ss) C’è una parola tratta dalla medicina: la sclerocardia! Il cuore a poco a poco viene incapsulato in una guaina sempre più stretta e sempre più dura, fino a spegnersi soffocato. “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne!” leggiamo in Ezechele.

Signore, togli dal mio petto il cuore di pietra, pesante, che non mi lascia respirare, gioire, amare… donami un cuore di carne, sensibile, vivo, che sa gioire e soffrire, piangere e ridere, commuoversi di fronte al male e alla sofferenza, e non sa rifiutare un aiuto a chi ne ha bisogno….

La tartaruga che c’entra?

S. Francesco di Sales, nel suo libro più famoso, il Teotimo, parla della tartaruga e la indica come modello di interiorità! Infatti ha la possibilità di ritirarsi tutta nella sua “cella interiore” che è il suo carapace… fino a scomparirvi dentro.   Di qui capisci uno dei motivi per cui ho scelto la tartaruga come simbolo di un progetto per giovani: se vuoi maturare bene, come uomo e donna, capace di affrontare la vita (con tutto quello che comporta…) devi diventare una persona “interiore”, che in soldoni significa 

 

Ø  Amare il silenzio, curare spazi di solitudine

Ø  Amare la lettura di pagine “arricchenti” il tuo cuore, leggere libri buoni

Ø  Amare il Vangelo, manuale di interiorità assoluta

Ø  Amare la preghiera come momento di incontro con Colui che solo può farti il trapianto con un cuore di carne!

 Buon cammino in compagnia della … tartaruga!!!

Don Gianni

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