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Le sfide dei rapidi mutamenti e delle grandi questioni

Il Papa sa che ci vogliono forze per tutto questo e, davanti a Dio e alla sua coscienza, si rende conto di non averle. Per questo lascia ad altri il testimone ritirandosi in preghiera e in silenzio. Il gesto del Papa non è affatto una rinuncia. Semmai è un gesto di umiltà e di libertà.


Le sfide dei rapidi mutamenti e delle grandi questioni

 

          L’annunzio delle dimissioni di un Papa è una notizia di portata storica. La rinuncia al ministero petrino è una notizia difficilmente addomesticabile. E’ una novità che coglie di sorpresa e sorprende. Ha ragione il cardinal Sodano a dire che si è trattato di un “fulmine a ciel sereno”.

          Alcuni hanno sovrapposto a quelle di Benedetto XVI le immagini di “Habemus Papam“ di Nani Moretti. Sbagliando completamente, a mio avviso. Perché? Cerco di spiegarlo…

Le analisi saranno numerose e così i commenti e le previsioni. Alcune, come è ovvio, si riveleranno corrette, altre errate. Dopo avere riflettuto “a caldo” sento di poter dire una cosa: sbagliano coloro che leggono il gesto del Papa come un gesto di semplice rinuncia a causa della debolezza fisica dovuta all’età.

Non credo affatto che la rinuncia al ministero petrino sia da attribuire alla stanchezza o a motivi simili.

          1. Il Papa certamente afferma: “sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare il modo adeguato il ministero petrino”. Dice pure: “il vigore, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. Queste parole sono da ricollegare a quanto il Papa aveva affermato nel libro intervista “La luce del mondo” dove aveva affermato che “Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente e mentalmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi”.

          2. Il Papa, probabilmente avendo anche in mente l’esperienza del suo predecessore, dice di essere ben consapevole che il ministero petrino deve essere compiuto “non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando“. Dunque Benedetto XVI sa bene che il ministero petrino può essere svolto anche in una condizione in cui le opere e le parole non possono essere esteriormente vigorose.

          3. Il passaggio DECISIVO, a mio avviso, viene subito dopo, quando nel suo annuncio di dimissioni, il Pontefice scrive: “Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo”. QUI a mio avviso c’è il cuore del messaggio che il Papa vuole comunicare con il suo gesto.

          Il Papa, cioè, intende spronare la Chiesa. Immagina una chiesa “vigorosa”, dunque coraggiosa nell’affrontare le sfide dei rapidi mutamenti (in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto) e le sfide delle questioni di grande rilevanza per la vita della fede (quaestionibus magni ponderis pro vita fidei). Il gesto del Papa non è affatto una rinuncia. Semmai è un gesto di umiltà e di libertà. Benedetto XVI sa di aver svolto il suo ministero fino in fondo. Adesso si rende conto che la situazione che il mondo e la Chiesa vivono è completamente cambiata rispetto anche a pochi anni fa. C’è bisogno di vigore.

          Lasciando il Pontificato Benedetto XVI sta dicendo qualcosa alla Chiesa di oggi, quella di spendere le forze per aprirsi alle sfide e alle questioni, di non temere la rapidità e il peso dei mutamenti.

          Il Papa sa che ci vogliono forze per tutto questo e, davanti a Dio e alla sua coscienza, si rende conto di non averle. Per questo lascia ad altri il testimone ritirandosi in preghiera e in silenzio. Ma, appunto, non senza dirci che la motivazione del suo gesto non è la rinuncia, ma una visione aperta sul mondo e la certezza interiore della vocazione della Chiesa. Benedetto XVI ha affrontato tantissime sfide. Adesso passa il testimone perché la missione sia sempre al centro. E lo fa con grande responsabilità e libertà di spirito. E’ un gesto che non si fa fatica a vedere collocato nel cuore stesso del suo Magistero.

          E, infine, non dimentichiamo che appena pochi giorni fa, l’8 febbraio, parlando ai seminaristi in occasione della festa della Madonna della Fiducia, il Papa aveva lanciato un forte messaggio di ottimismo: “La Chiesa si rinnova sempre, rinasce sempre. Il futuro è nostro”.

 

 

Antonio Spadaro

 

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