Spiritualità

Via il Natale cristiano dalle scuole e dai luoghi pubblici?

E quale altro Natale esiste? L'albero prende il posto del presepe, la fretta supera la riflessione, il rumore vince l'ascolto. Eppure tutto è travestito di rosso, un rosso che parla di una festa diversa, che non è più quella del Figlio di Dio che si è fatto uomo. Così come "l'uomo in croce" fa paura a qualcuno o a molti, ora fa tremare persino un "bambino in una mangiatoia".


 

 

del 18 dicembre 2012

 

 

          Attenzione! Attenzione! Alberi di Natale e pupazzi di neve sono a rischio nelle scuole: non perché siano pericolosi fisicamente, ma perché potrebbero nascondere origini cristiane altamente contagiose. Avvicinandosi il Natale, ritorna dunque il dibattito sulla presenza nelle scuole dei presepi, sui canti, le recite natalizie e altro. Da qualche parte è stato persino bandito Babbo Natale, perché qualcuno si è accorto che, secondo tradizione, si tratta di San Nicola! Non c'è più religione, possiamo davvero dirlo, rimangono solo le ideologie da un lato e il relativismo dall'altro, cioè l'intransigenza e il nulla. Quel che è peggio, è che tutto questo si insinua sempre più nelle scuole di ogni ordine e grado, subdolamente travestito da tolleranza e rispetto.

          Ma come si fa ad insegnare tolleranza e rispetto mettendo al bando qualcosa? Via il Natale cristiano dalle scuole perché qualcuno potrebbe essere turbato, ma nella mia decennale esperienza scolastica ed educativa non ho mai trovato nessuno sofferente per questo. Anzi ho incontrato alunni di altre religioni frequentare le scuole cattoliche, gli oratori e le parrocchie: tutti contenti, genitori e figli. Ho visto questi ragazzi fare con gli altri il presepe, pregare e realizzare le recite, ho visto le loro famiglie contente. Via il Natale cristiano? E quale altro Natale esiste?

          In questi anni è sempre più evidente come si vada perdendo il senso del Natale. Oltre ciò che ho scritto pria, tutto è rivolto verso il prodotto da vendere, da acquistare, da regalare. L’albero prende il posto del presepe, la fretta  supera la riflessione, il rumore vince l’ascolto. Eppure tutto è travestito di rosso, un rosso che parla di una festa diversa, che non è più quella del Figlio di Dio che si è fatto uomo. La nostra società ha dimenticato il vero festeggiato, ha messo da parte Colui che sta all’origine del Natale, come se tutti per il nostro compleanno facessero i regali ad un nostro parente o amico anziché a noi! Eppure, oggi, non ci sarebbero presepi, alberi, luci, Babbo Natale, panettoni, auguri, vacanze, ecc…se duemila anni fa Gesù non si fosse fatto uomo per farci come Lui. Con questo non si vuol dire che non bisogna fare festa, gioire, giocare, mangiare, scambiarsi i regali; la questione è per chi facciamo tutto questo!

          Così come "l'uomo in croce" fa paura a qualcuno o a molti, ora fa tremare persino un "bambino in una mangiatoia". Ma a chi veramente? I "chi" sono un po' come i "mercati" nell'economia, cioè non si sa mai chi sono davvero eccetto qualche caso isolato. A questi "chi" chiedo di non godere delle vacanze di Natale, così come chiedo alle scuole che negano il Natale cristiano di non sospendere le lezioni, perché che coerenza c'è nel negare la tradizione e gli aspetti religiosi ma volere la vacanza ugualmente? Se non ci credi, non ci credi! Le famiglie che non vogliono il presepe o altro portino i figli a scuola, così continuino ad insegnare in quei giorni i docenti che votano le mozioni contro la presenza di segni cristiani.

          Concludo riportando la parte di un'interessante riflessione sul tema del teologo Don Antonio Ucciardo: «Insomma, mi convince poco la storia del bimbetto musulmano che viene traumatizzato dal presepe allestito a scuola. Può darsi che la sua famiglia tenti di imporre una neutralità d’espressione, ma non penso che sia la norma costante. Generalmente i bambini sono tali presso tutte le culture e le religioni. Ogni occasione è buona per giocare, abbracciarsi o magari farsi piccoli dispetti. Non ce li vedo proprio a fare discussioni da adulti sul senso della capannina e del bambino adagiato su una mangiatoia. A meno che un adulto non si frapponga tra lo sguardo estatico dell’innocenza e quella capanna. Facile prendersela con un presepe di pochi euro in una sperduta scuola di periferia. Perché non collocarsi tra lo sguardo di visitatori incantati e le centinaia di Natività che stanno nei nostri musei? Credo che sia un’operazione più difficile. Se dovessimo abolire le immagini religiose dall’arte, da quell’arte che ci rende unici al mondo, dovremmo rivoltare la penisola e riscrivere la nostra storia. A noi non interessa il soggetto della raffigurazione, d’accordo. A noi interessa l’uso dei colori, la prospettiva, la luce. Si può essere atei e studiosi di Giotto (anche a questo credo poco, ma mi convinco che sia possibile). Ora, perché lo stesso ragionamento non dovrebbe valere per la signora maestra e il suo presepe? Possibile che quella raffigurazione non parli di fragilità, di tenerezza, di pace e di quant’altro si voglia? Possibile che agli occhi dei bambini di altre religioni non giunga questo messaggio, semplice ed immediato, di immedesimazione con un bimbo che è nudo, all’interno di una capanna e per di più sotto l’immancabile tormenta di neve? Il problema non sono i bambini. Non lo sono mai stati».

 

 

Marco Pappalardo

 

 

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