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Venerabile Andrea Beltrami sdb

50 anni esatti fa Papa Paolo VI dichiarava Venerabile don Andrea Beltrami, Salesiano di Don Bosco. Ecco qui una sua biografia...


Venerabile Andrea Beltrami sdb

del 15 dicembre 2016

50 anni esatti fa Papa Paolo VI dichiarava Venerabile don Andrea Beltrami, Salesiano di Don Bosco. Ecco qui una sua biografia...

 

Il 15 dicembre 1966 Paolo VI dichiarava l'eroicità delle virtù del sacerdote salesiano don Andrea Beltrami e lo onorava col titolo di "venerabile". È una nuova gemma che arricchisce la corona della santità salesiana. Ne esultò la triplice Famiglia di Don Bosco, che presenta all'ammirazione e all'imitazione questo Eroe del lavoro e della sofferenza cristiana.

Nell'agosto del 1884 il collegio salesiano di Lanzo Torinese celebrava la solenne premiazione degli alunni. Il direttore degli studi, nel proclamare l'alunno di prima ginnasiale Andrea Beltrami vincitore del primo premio, ne diede una motivazione che sbalordì: primo della classe con 111 punti su 110 ¬ù. L'applauso dei compagni confermò il giudizio espresso con una formula così insolita. Era stato il direttore don Giuseppe Scappini che, col pieno consenso del corpo insegnante, aveva proposto di aggiungere un punto ai pieni voti assoluti, per significare al pubblico che la condotta e il profitto di Andrea Beltrami erano stati superiori a ogni elogio.

Quel ragazzo eccezionale per ingegno e bontà proveniva dall'industre cittadina di Omegna (Novara) che sorge a specchio del lago d'Orta. La riviera cusina - scriverà egli stesso - è uno dei luoghi più deliziosi e romantici della nostra bella Italia... Il lago si distende e gira a maniera di grande anfiteatro, incoronato da montagne e vaghe col line, che si specchiano nelle sue onde cristalline, increspate da soavi zeffiri; diresti che la natura ha versato a piene mani le sue ricchezze per renderlo un paradiso terrestre. L'aria è limpida e balsamica, il cielo di zaffiro, il sole adorno di tutta la sua pompa: in una parola è il fortunato clima d'Italia in tutto il suo splendore .

La bellezza naturale della terra natale parve trasfondersi in luce di grazia nell'anima di Andrea, che vi era nato il 24 giugno 1870 da Antonio e da Caterina Beltrami. Il padre era un industriale di fede antica; la madre, che ebbe in Andrea il primo dei suoi dieci figliuoli, era donna di animo squisito e di profonda pietà cristiana. Stringendosi al cuore il primogenito, soleva pregare così: Signore, piuttosto che Andreino abbia a divenire cattivo, toglietemelo: a voi lo dono .

Il piccolo Andrea si rivelò subito sensibilissimo di cuore, ma non certo propenso ad essere un santarello; manifestava anzi un'indole vivacissima e talora esuberante. Quanto a condotta - dirà la suora Orsolina che fu sua maestra all'asilo - fu sempre un caro ragazzino, però non nacque davvero santo, e le sue scappatelle le fece anche lui .

L'affermazione "non nacque davvero santo" fa pensare a quanto scriverà lui stesso: Volere è potere, e chi vuole tenacemente si , fa santo, perchè gli aiuti divini non mancano mai a chi li riceve con prontezza e li traffica con sollecitudine.

Nell'autunno del 1877 Andrea prese a frequentare le scuole comunali. Dal 1879 al 1881 terminò le scuole elementari come semiconvittore del collegio Zanova; dal 1881 al 1883 fece un corso tecnico commerciale nel semiconvitto dell'Istituto Conti, pure in Omegna. Sempre primo della classe, simpatico, vivace, entusiasta, autoritario per indole, ricco, tenuto da tutti come il modello, sarebbe stato facilmente un prepotente, se la pietà, i Sacramenti, il forte volere, l'educazione familiare e il suo appassionato amore ai poveri, non l'avessero salvato dal naufragio. Più tardi, al ricordo delle insidie dei compagni, quante volte pianse quegli anni vissuti alla scuola laica!

 

NON COLLEGIO, MA FAMIGLIA

Andrea era giunto alle soglie dell'adolescenza. I genitori, convinti che gli studi tecnici non corrispondessero all'indole e all'ingegno del ragazzo, pensarono a una scuola classica. Nella famiglia Beltrami si leggeva il Bollettino Salesiano e il nome di Don Bosco vi risonava con simpatia. I genitori pensarono quindi ad avviarlo a un istituto salesiano. La scelta cadde sul collegio di Lanzo Torinese, dove Andrea entrava il 24 ottobre del 1883. In tre soli anni vi compì l'intero corso ginnasiale, coronandolo con una licenza splendida, che fece parlare di lui tra i docenti del "Gioberti" di Torino. Su trentatrè candidati privatisti, furono licenziati solo tre, dei quali Andrea fu il primo con dieci decimi in italiano orale e nove in componimento.

A Lanzo Beltrami trovò quello che non aveva trovato nei due istituti frequentati prima: una convivenza tra superiori e allievi, che era come una continuazione della vita in famiglia; una serenità lieta che rendeva piacevoli tutti i momenti di quella vita insieme chiassosa e raccolta. C'era l'occhio vigile dell'educatore sempre presente e sempre disposto ad aiutare; c'era un senso diffuso di amor fraterno che penetrava nell'animo come un invito all'operosità, alla bontà, alla schiettezza. C'era soprattutto un papà, il direttore, che era per i suoi "cari figliuoli" come una porta aperta a tutte le ore. La possibilità di confidarsi col superiore ogni volta che gli piacesse, gli parve una fortuna da sfruttarsi per avere una guida sicura nel periodo delicato del passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza. In questa confidenza trovò il segreto della sua completa trasformazione morale.

Vi contribuì il clima religioso che vi si respirava. Andrea sentiva che la religione lo dominava in pieno, diventando la sua dolce passione, il suo alimento quotidiano, il suo viatico in ogni attività, anche ricreativa. Fino allora le sue mire erano state puramente umane: piacere agli uomini, far onore a se stesso e alla famiglia, procurarsi una posizione invidiata e lucrosa. ¬ç Non più così - egli disse a se stesso -; voglio compiere ogni dovere solo per piacere a Dio.

 

DON BOSCO LO AMÒ

Racconta il Vangelo che un giorno Gesù incontrò un giovane, lo guardò fino in fondo all'anima e lo trovò degno del suo amore. Anche Don Bosco, immagine di Gesù buono, un giorno andò a trovare i suoi figliuoli di Lanzo. Andrea lo salutò con una delicata composizione dal titolo ¬ç Il nostro Padre ¬ù. Il santo vegliardo osservò quel ragazzo dall'ampia fronte, dagli occhi dolci e buoni, ne intravide il candore e lo amò. Fattolo venire a sè, gli disse parole arcane: Andrea ne fu felice e comunicò subito la sua gioia alla mamma, perchè Andrea adorava la mamma, e il collegio l'aveva reso ancor più tenero verso i suoi genitori.

Con Don Bosco era venuto a Lanzo il primo vescovo salesiano mons. Giovanni Cagliero. L'ardente missionario parlò della sua Missione tra i Patagoni con quella sua eloquenza _franca, nervosa, colorita che fece andare in visibilio l'uditorio giovanile. Da allora Beltrami cominciò a vagheggiare anche per sè una vita tutta consacrata a diffondere il regno di Dio nei cuori. Era la vocazione. Andrea la sentì prima confusa, poi più distinta, e in fine come una voce soavemente imperiosa, che lo chiamava, lo voleva. Ed egli docilmente si dispose a seguirla.

Due altri colloqui col Santo, uno dopo la terza ginnasiale durante un corso di Esercizi Spirituali a San Benigno Canavese, e l'altro dopo la quinta, gli tolsero ogni dubbio. Ormai sentiva di dover essere sacerdote nella famiglia salesiana. Don Bosco incarnava per lui la figura ideale del sacerdote. Gli era apparso nel tramonto sereno e luminoso di una vita eroicamente apostolica. Andrea ne era rimasto affascinato: anche lui sarebbe appartenuto alla schiera degli umili lavoratori a cui Don Bosco aveva promesso: pane, lavoro, paradiso . E gli piacque immensamente il motto-programma di quegli apostoli di punta: Dammi le anime, prenditi il resto .

Ma i genitori come accolsero la notizia? Ne scriveva lui stesso al suo direttore spirituale: io sono il primogenito, adorato in famiglia: appena manifestai la vocazione a mamma, diede in uno scoppio di pianto; poi, vinta la natura, m'incoraggiò sempre. Mio padre dapprima mi diede il consenso, poi, alla vigilia della partenza - sobillato da alcuni del paese che gli avevano calunniato la Congregazione - lo ritirò; ma io partii senza indugio, accompagnato dalla mamma. Dopo però, chiarite che furono le calunnie, fu contento. I miei genitori operarono da veri cristiani riguardo alla mia vocazione, e Dio li premierà .

Il 26 ottobre 1886, la mamma consegnandolo al direttore del noviziato di Foglizzo Canavese, versò lacrime, ma disse con eroica fortezza: Ormai Andrea non è più mio: io lo consegno nelle sue mani; ella ne faccia un santo.

 

"NON SONO PIÙ IO CHE VIVO..."

Foglizzo fu per Andrea la terra promessa. Gli piacque la verde quiete del borgo canavesano, ma assai più il clima mistico della casa appena aperta da Don Bosco: era poverissima, male arredata, ma in essa tutto parlava di Dio. Con lui c'erano cento altri novizi della sua età, che formavano una famiglia con don Eugenio Bianchi, un'anima piena dì bontà e di candore. Un gruppo scelto di salesiani completavano la grande famiglia.

Fin dai primi giorni Beltrami si propose un preciso programma di santità, che lo costringeva a rinunziare totalmente alla volontà propria per vivere di ubbidienza e di fede. Se l'era formulato così: Niente, mai, ciò che piace a me, tutto, sempre, ciò che piace al Signore. Programma eroico in sè, ma più arduo per Andrea, che doveva soggiogare una volontà forte e certe esuberanze di temperamento che avrebbero potuto fare di lui un ribelle, come qualcuno non a torto aveva temuto di Andrea ragazzino a Omegna.

Concretò meglio il suo programma di santità il 4 novembre, quando ricevette da Don Bosco in persona l'abito chiericale. Quel giorno scrisse: Se non mi faccio santo, non posso essere degno figlio di Don Bosco; dunque, sì, sarò degno figlio di Don Bosco e mi farò santo. Bisognerà farsi violenza? E mi farò qualunque violenza. Bisognerà agonizare proanima mea? Ebbene, agonizzerò. Dovrò, come Paolo, castigare il mio corpo? Lo castigherò. Occorrerà combattere? Combatterò; porterò nelle membra le stimmate di Gesù Cristo, a tutto risoluto, perchè lo spirito trionfi e il corpo lo serva .

Rare volte un proposito fu più virilmente mantenuto. Don Bosco, nell'affidare a don Barberis la cura dei novizi, gli aveva detto: Ho bisogno di santi! Don Barberis era ormai certo di educare nel novizio Beltrami un santo e di poterlo consegnare a Don Bosco tra i primi fiori della ancora piccola aiuola salesiana.

Alla metà dell'anno di noviziato Andrea aveva già fatto tali progressi che don Bianchi poteva scrivere a Don Bosco: Mi pare che Beltrami sia i l primo fra tutti per virtù e scienza .

I superiori l'avevano costituito assistente dei compagni novizi; ma egli restò il più umile, il più dolce, il più mansueto. Sempre sorridente, compiva nella comunità qualunque servizio, felice di poter aiutare, compiacere i fratelli, che non cessavano di ammirarlo quando pregava come pregano gli angeli, quando il suo volto pallido, al ricevere la santa Comunione, si accendeva come quello di un serafino e lacrime gli sgorgavano dagli occhi.

Il 2 ottobre 1887, giorno della sua consacrazione a Dio, trovò Andrea preparatissimo. Quello fu per lui un giorno di gioia inesprimibile, accresciuta dal fatto che potè emettere i voti religiosi nelle mani dello stesso santo Fondatore. Da quel giorno il chierico Beltrami ebbe la sensazione chiara che il Cristo vivesse in lui, e gli divenne familiare il motto di San Paolo: Ormai non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me . Scriveva queste parole anche nei suoi diari intimi, perchè presentiva che Cristo l'avrebbe voluto vittima con sè sulla croce e pregustava la gioia di consumarsi sull'altare di Dio

 

UNA MALATTIA MISTERIOSA

Il primo anno di vita salesiana lo passò a TorinoValsalice, dove quell'anno (1887) si era abolito il convitto e aperto uno studentato filosofico per i chierici. Don Bosco, ormai al lumicino, aveva acconsentito dicendo: D'ora in avanti starò io qui a custodia di questa casa . Pochi mesi dopo veniva seppellito precisamente a Valsalice. Su quella tomba don Beltrami passerà lunghe ore in preghiera.

Quelli furono per Andrea anni di lavoro febbrile: coronò i suoi studi letterari con uno splendido esame liceale, si iscrisse in lettere all'Università di Torino, fu professore in materie letterarie ai chierici di Foglizzo, attese agli studi teologici; e tutto questo con un ardore incontenibile. Sano o malato - diceva - conviene che io lavori più che posso ora, perchè, chissà mai?... Chi ha tempo non aspetti tempo.

Lavorò con pari ardore nel campo della carità. Qui toccò l'eroismo quando gli fu affidato un ammalato di petto, il servo di Dio don Augusto Czartoryski, principe polacco, che aveva portato nella famiglia salesiana, col prestigio del nome e della stirpe regale, un'anima illibata e serafica. Farò tutto il possibile per curarlo - scriveva Beltrami a don Barberis - so di avere in cura un santo, un angelo in carne . Incurante di sè, sollecito soltanto del principe, non lo abbandonava nè di giorno nè di notte. Lo accompagnò in cerca di salute a Aixles-Bains, ad Alassio, a San Remo, a Nizza, visibile angelo consolatore. Vivevano ia perfetta sintonia di ideali d'immolazione. Andrea li confidava al successore di Don Bosco, don Rua: Già facemmo insieme l'offerta della nostra vita al Signore .

Ripreso il suo lavoro d'insegnante e di studente, un giorno freddissimo, tornando dall'Università, fu colto dal male da cui non sarebbe guarito che in cielo. Poichè dal cielo più che dalla natura traeva origine quel male. Nel passaggio dalla robustezza di adolescente al languore mortale che lo colse, qualcosa di misterioso era accaduto. Ce lo svela lui stesso in una lettera a don Barberis: I mesi che precedettero la malattia furono mesi di fervori straordinari, di generosi propositi, di una unione continua con Dio, che non era interrotta se non dal sonno.... È probabile che la causa della malattia sia stata questa intensità di unione e di amore, che negli ultimi mesi precedenti la caduta aveva raggiunto un grado tale che io credevo di morirne... .

Era caduto da forte e sulla breccia. Il sacrificio della vita in una fine prematura era da lui agognato.

Che vale la vita se non in quanto se ne fa un libero dono per una idea grande, per un amore sovrumano? Questo il pensiero che gli era divenuto abituale. ¬ç Essere la vittima fortunata prescelta da Dio : era la forma più nobile dell'eroismo cristiano.

 

NON VOGLIO GUARIRE!

Per don Beltrami l'anniversario della malattia era il ¬ç giorno fausto, pieno di letizia, fra i più belli della sua vita ¬ù. E voleva che i suoi cari se ne convincessero (ma l'eroismo non è di tutti) e scriveva loro: ¬ç Vi prego di non addolorarvi. Entrate nelle mie vedute: questa malattia non è una sventura, ma una grazia particolare del Signore. Io non sono infelice, ma fortunato. Perciò scrivendomi non istate a farmi condoglianze!... .

Ancora due mesi prima della morte osservava alla mamma: La zia mi dice: - So purtroppo lo stato di tua salute. - Quel purtroppo indica una disgrazia. Quanto s'inganna! Questa malattia l'ho chiesta io al Signore. Propriamente non ho chiesto una malattia, ma di soffrire, e molto; e Dio m'ha mandato questo male. Non voglio guarire. Ma tu sei pazzo, direte. Sì, è vero; ma della pazzia della Croce. Vedremo nell'eternità chi avrà avuto ragione: se io o il mondo.

A don Andrea per essere felice sull'altare del suo olocausto mancava una cosa: essere sacerdote! L'8 gennaio 1893 il primo missionario salesiano mons. Cagliero lo ordinava sacerdote nella cappella attigua alla cameretta donde cinque anni prima era votato al cielo Don Bosco. Celebrò la prima Messa sulla tomba di Don Bosco, tra le lacrime proprie e quelle di mamma Caterina, venuta da Omegna.

La Messa divenne il centro spirituale della sua giornata. Aveva un piccolo altare nella sua cameretta e alla sacra azione dedicava il tempo tra le 7,30 e le 9. I salesiani che gliela servivano attestano cose sorprendenti. Malato com'era, dopo la consacrazione impiegava anche un'ora, un'ora e mezzo. In tutto quel tempo non tossiva, mentre in altri tempi tossiva molto; stava ben diritto, tenendo le braccia aperte senza appoggiarle ai fianchi, mentre aveva sempre bisogno di appoggiarsi; si coloriva in volto, mentre di solito era pallido. Ma rientrato in sacrestia, tornava così debole che non poteva neppure slegarsi il cingolo, eppure all'altare aveva elevato l'Ostia santa con gesto giovanile e aveva fatto la genuflessione senza sforzo.

Don Andrea era salito per la prima volta all'altare portandovi l'offerta della sua giovinezza stroncata e quasi agonizzante. Ogni volta che ripeteva il rito eucaristico, rinnovava con più ardore il suo dono: ormai si sentiva una cosa sola con la Vittima divina. L'altare era il suo Calvario; là si sentiva anche sensibilmente crocifisso con Cristo. Il contatto quotidiano con Gesù immolato gli aumentava la brama di vivere in una continua immolazione. E mentre altri Santi ripetono il grido di San Paolo: ¬ç Desidero morire per unirmi a Cristo, egli fece suo un programma sublime ed eroico: ¬ç Nè guarire nè morire, ma vivere per soffrire.

 

TEMPRA DI SCRITTORE

Ogni avarizia è un vizio ributtante, ma diventa una virtù se si applica al tempo . Questa sua massima lo spinse a occupare intensamente anche i sei anni di malattia. Nelle condizioni di salute che conosciamo, respirando a stento, non potendo fare movimenti senza spasimi, stringendo come poteva la penna fra le dita gelate, egli si applicò al solo lavoro che gli fosse possibile: scrivere. Avrebbe così imitato Don Bosco che affidò ai suoi figli anche l'apostolato della penna, invitandoli a farne strumento di elevazione cristiana. Don Andrea scrisse e stampò in quegli anni diciotto tra volumi e volumetti, e nove ne abbozzò, tra i quali la gravosa traduzione dei primi tre volumi delle Opere di San Francesco di Sales.

Don Beltrami scrittore è salesiano per la semplicità popolare e dignitosa; per la piacevolezza con la quale, come Don Bosco, rende amabile la virtù agli altri, anche se lui la pratica duramente; per l'assenza assoluta di quella vanità che induce talvolta gli scrittori a complicazioni ingegnose.

I libri di don Beltrami sono pervasi dei più nobili sentimenti e di un calore di entusiasmo e di fede che trascina; sono quindi libri altamente educativi. Lo stile è spigliato, colorito, elegante. E non mancano pagine vibranti di poesia e dense di pensiero. Senza dubbio don Beltrami sarebbe riuscito uno dei migliori scrittori cattolici del suo tempo.

La scuola di energia volitiva che è la scuola di Don Bosco lo indusse a trattare nei due maggiori suoi volumi la vita di Napoleone I, ossia di colui che fu definito un "professore di energia" e dai cui fasti e nefasti l'autore seppe trarre convincenti lezioni cristiane; e la vita di Santa Giovanna d'Arco, ossia della donna più virile ed energica che i secoli cristiani conoscano.

L'eroina di Domremy è rievocata da don Beltrami nella luce purissima della sua innocenza e grandezza morale, aureolata di santità e circondata di mistero nel contatto rivelatore con creature celesti: è il soprannaturale nella storia, la traccia visibile della Provvidenza che guida gli eventi umani e sceglie dalle classi più umili i più veri pionieri di civiltà. Dopo le infami pagine di Voltaire e di France, l'anima santa di don Beltrami riafferma con commosso entusiasmo in santa Giovanna d'Arco l'intatta gloria della Francia cattolica.

Anzi l'autore va oltre e diventa profeta. Scriveva infatti già nel 1895: ¬ç Io non sono nè profeta nè figlio di profeti e ignoro ciò che avverrà, ma forse quando Giovanna sarà collocata sugli altari, potrà venir proclamata protettrice della Francia e soprattutto dell'esercito . Venticinque anni dopo Giovanna d'Arco venne canonizzata e puntualmente tutta la Francia, e per primo l'esercito vittorioso, si strinse intorno ad essa e si avviò alla riconciliazione con Rosa nel nome di lei.

Se l'attività del Beltrami scrittore appartenesse all'ingegno e alle forze di un uomo di vita sana e di durata media, sarebbe già rispettabile. Ma quando si pensa che essa rappresenta il lavoro del doloroso crepuscolo di una esistenza stroncata nel fiore dell'età (27 anni!), non resta che ammirare commossi una costanza inimitabile e rimpiangere la perdita immatura di questo forte ingegno, di questa tempra rara di lavoratore.

 

LA VITTIMA È PRONTA

Il 24 dicembre 1897, celebrata con straordinario fervore la santa Messa, don Andrea si sentì venir meno: sereno della serenità dei santi, con mente lucida e tranquillo fa la sua confessione, poi si adagia sul suo lettuccio come sulla sua croce, e si offre al Signore pronto a patire per tutta l'eternità. La notte del 29, sentendo avvicinarsi l'ora estrema, cambia da sè la biancheria, poi esclama: La vittima è pronta e presso ad essere immolata; debbo sempre più purificarla per renderla meno indegna di Sua Divina Maestà . Sembra di sentire in anticipo Papa Giovanni.

La mattina del 30 dicembre - racconta con semplicità da fioretti il salesiano coadiutore Franck che lo assisteva - andato da lui, lo vidi assolutamente sfinito. Mi mandò a chiamare il direttore, che venne prontamente e si trattenne alquanto con lui. Ma quando quello si recò a celebrare la Messa, mi accorsi che don Beltrami non poteva stare in nessuna posizione. Baciava con frequenza il Crocifisso, ma ad un tratto lo lasciò cadere; io lo raccolsi e glielo appressai alle labbra: non ebbe più la forza di baciarlo. Feci cercare il direttore; arrivò prontamente, ma don Beltrami era spirato. Sembrava che dormisse .

Un terribile sussulto cardiaco aveva stroncato la giovane vita. Erano le ore 7 del 30 dicembre 1897. Don Beltrami aveva 27 anni di età, 6 mesi e 6 giorni.

Volle Iddio - ha scritto il card. Mistrangelo, arcivescovo di Firenze - che, come il giardino del meraviglioso Lojola si abbella di Luigi Gonzaga; come Giuseppe Calasanzio ebbe il suo angelico Glicerio Landriani, e Paolo della Croce il giglio di Gabriele dell'Addolorata, così la famiglia di Don Bosco avesse in Andrea Beltrami il suo Luigi, il suo Landriani, il suo Gabriele, e insieme il mondo cristiano avesse, nell'ora dell'egoismo, nella febbre frenetica del piacere e del godimento, nel generale abborrimento al soffrire, un esemplare insigne di carità, di penitenza, di pazienza sublime, quale forse l'agiografia cristiana non segnò mai .

Oggi il ragazzo che a Lanzo era stato premiato con la classifica eccezionale di 111 su 110, ha ricevuto un altro premio di eccezione, che la Chiesa riserva ai suoi figli migliori: è stato dichiarato un eroe della vita cristiana o, come si usa dire, "venerabile". Ma è nel cuore di tutti il dolce presentimento che presto avrà un premio maggiore e giungerà al più alto traguardo a cui possa aspirare una creatura umana: l'onore degli altari.

 

Bollettino Salesiano

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