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Preferiamo la prigione che accettare il compromesso sulla libertà religiosa di O...

L'annuncio è costato al governo centinaia di denunce. Queste, però, sembrano servite a ben poco. Eclatante gesto di tre vescovi statunitensi contro l'Obama che obbliga anche gli enti privati a pagare assicurazioni comprensivi di aborto e contraccezione ai propri dipendenti.


Preferiamo la prigione che accettare il compromesso sulla libertà religiosa di Obama

 

          Intervistati dal sito LifeSite News tre vescovi americani hanno dichiarato di preferire la prigione piuttosto che accettare l’“Obama mandate” che nella riforma della salute obbliga tutti gli enti privati, religiosi e non, a pagare assicurazioni per i propri studenti o dipendenti inclusivi di aborto e contraccezione. A parlare così sono stati Alexander Sample, vescovo di Marquette in Michigan, David Zubik di Pittsburgh e l’arcivescovo Samuel Aquila di Denver.

          IL TESTO. La questione, che dura ormai dal gennaio scorso, ha visto scendere in campo i vescovi spronati da papa Benedetto XVI. Tre giorni dopo l’annuncio del presidente Barack Obama, i vescovi hanno preso posizione per combattere per la libertà religiosa e per informare «l’intera comunità cattolica negli Stati Uniti», affinché riesca «a comprendere le gravi minacce alla testimonianza morale pubblica della Chiesa che presenta un secolarismo radicale, che trova sempre più espressione nelle sfere politiche e culturali». L’annuncio è costato al governo centinaia di denunce. Queste, però, sembrano servite a ben poco. Sebbene sulla stampa, siano uscite recentemente notizie che il governo ha deciso di scendere a compromessi, lasciando libertà di coscienza, la realtà non sarebbe proprio così. Da quel che è emerso, nel testo si parla solo dell’esenzione di enti di beneficenza gestiti dalla Chiesa. Il che significherebbe che, per rifiutarsi di pagare per contraccettivi e aborto, centinaia di ospedali e università religiose dovranno trasformarsi in enti no profit e provare la loro appartenenza religiosa. In quali termini è ancora tutto da chiarire. Si parla di esenzione dei “datori di lavoro religiosi”, ma la definizione è ambigua e rischia quindi alla fine di escludere la maggioranza degli enti religiosi. Per questo la confusione del testo che rischia di essere peggiore del precedente è stata denunciata dall’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput.

          NON SONO ESENTI. Non potranno fare obiezione di coscienza i proprietari di aziende, ditte o altri enti diversi da quelli no profit. Molti di coloro che hanno denunciato il governo ne stanno pagando le conseguenze. Basti pensare che la grande catena americana Hobby Lobby, di proprietà del cristiano evangelico David Green, è stata dichiarata non esente, in quanto organizzazione non religiosa, dal giudice distrettuale Joe Heaton. Da qui il ricorso alla Corte d’appello di Denver che lo ha respinto. In ultimo grado la Corte Suprema degli Stati Uniti ha scansato la richiesta di giudizio sostenendo che il ricorso non era ammissibile: il giudice della Corte Suprema, Sonia Sotomayor, ha dichiarato che molte Corti di grado inferiore sono divise in materia, insinuando quindi che la Hobby Lobby abbia ancora chance di vincere.

          UN GESTO DI FACCIATA. «Il gesto meschino del governo non protegge minimamente la libertà religiosa dei datori di lavoro, il governo non ha nessun interesse a ritrattare sulla libertà religiosa», ha scritto la Alliance Defending Freedom che combatte per la tutela del primo emendamento tradito dall’amministrazione Obama.

 

 

Benedetta Frigerio

 

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