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“Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono!”

“... fare ... avere”: sono i primi due verbi che il ricco personaggio usa incontrando Gesù, gettandosi in ginocchio davanti a lui. Sono verbi tipici di un animo abituato al commercio: “Cosa devo fare per avere la vita eterna?” Anche la vita eterna è un bene di consumo e quindi si può acquistare in qualche modo: con quali azioni?


“Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono!”

Letture: Sapienza 7, 7-11 Ebrei 4, 12-13 Marco 10, 17-30

La seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci ricorda che la “Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio… giunge fino al punto di divisione delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore…”  Ogni volta che apriamo il Vangelo o ci disponiamo a riflettere sulla Parola di Dio, dobbiamo metterci in questa disposizione: lasciarci fare a pezzettini dalla Parola di Dio! Sì, perché se la Parola di Dio non è questa “spada tagliente” non raggiunge il proprio scopo e ha perso la sua forza e la sua capacità di fare chiarezza nel nostro cuore. Anche il Vangelo di oggi è una spada che fa male, che giudica in modo inesorabile la nostra vita, i nostri criteri di giudizio, i nostri valori, le nostre certezze e sicurezze…

Chiediamo allo Spirito Santo che apra il nostro cuore all’ascolto e all’accoglienza di questa Parola e ci renda docili a quanto vorrà dire a ciascuno di noi.

Leggi con calma il brano di Vangelo, sottolinea le espressioni che ti colpiscono di più, pensaci su qualche minuto, lascia che lo sguardo di Gesù si posi su di te, come si è posato sulla persona del ricco, il protagonista di questa domenica.

1. “… fare … avere”: sono i primi due verbi che il ricco personaggio usa incontrando Gesù, gettandosi in ginocchio davanti a lui. Sono verbi tipici di un animo abituato al commercio: “Cosa devo fare per avere la vita eterna?” Anche la vita eterna è un bene di consumo e quindi si può acquistare in qualche modo: con quali azioni? Con quali opere? Se ti ricordi è la stessa domanda che rivolgono a Gesù quanti hanno assistito alla prodigiosa moltiplicazione dei pani: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” E ancora oggi non è raro incontrare persone credenti che fanno le cose per “guadagnarsi” il Paradiso: a tal fine moltiplicano le preghiere e le opere di bene. È giusto pensare al Paradiso, alla vita eterna! È meno giusto pensarvi come ad un bene che possiamo comperare con le nostre buone opere.

È e sarà solo e sempre un dono di Dio!

2. Solo Dio è buono!  Si tratta di un’espressione che rischia di passare inosservata e invece, a mio parere, è il centro di tutto il discorso che segue. “Nessuno è buono se non Dio solo” dice Gesù.

Prima di presentare la lista dei comandamenti da osservare, Gesù presenta la bontà di Dio, la sua santità, la sua misericordia, il suo amore…, di fronte al quale ben poca cosa sono le nostre azioni virtuose, l’osservanza delle leggi, … Il ricco, protagonista della scena, ha osservato tutti i comandamenti, fin dalla sua giovinezza, ma non ha colto la bontà di Dio fino al punto di fidarsi di Lui e diventare vero discepolo. Nella parabola del fariseo e del pubblicano, l’aver adempiuto le prescrizioni della legge diventa motivo di orgoglio e di presunzione al punto da trasformarsi in disprezzo per gli altri “che non sono come lui!”

Capisco perché i Santi ripetevano “Dio solo basta! Basta che Dio sia Dio!”

Solo Dio è buono. Non lo sono i nostri valori, non lo sono i nostri gesti, non lo siamo noi e non lo sono i nostri miti. Soltanto Dio può rivendicare per sé questa bontà. 

È come se Gesù precisasse una cosa importante: noi tutti abbiamo la possibilità di essere buoni, ma noi tutti abbiamo innanzitutto il dovere di ricordarci che tutta questa bontà non dipende da noi, dai nostri sforzi, dalla nostra reciproca simpatia, dal fatto che ci troviamo bene insieme, dal fatto di aver capito che occorre che cambiamo la nostra vita; tutto è possibile solo  perché c’è una persona che al di là di ogni difficoltà, resta buono sempre e comunque a garanzia di tutti noi.  Solo riconoscendo questa bontà che ci precede riusciamo anche a impegnarci eticamente e con successo: i comandamenti non sono più uno sforzo della nostra buona volontà soltanto, non sono più un giogo a cui di malavoglia dobbiamo sottostare, ma vengono trasfigurati in una risposta ad un amore che ci precede e di cui l’osservanza della legge o le azioni che compiamo sono una risposta sempre inadeguata, se pur generosa.

3. Solo a partire dalla bontà di Dio, che resta come roccia che non vacilla, si possono affrontare scelte coraggiose, tipiche di un discepolo innamorato. Lasciare le ricchezze è abbracciare la fedeltà di Dio che ci ricorda: “Guardate i gigli dei campi… guardate gli uccelli del cielo… Non preoccupatevi del cibo, del vestito… : sono gli altri, quelli che non conoscono Dio, a cercare sempre queste cose. Voi invece avete un Padre che sa bene quello di cui avete bisogno.!”

È solo perché Dio è Dio che non si attacca il cuore ai beni di questo mondo e si fanno delle ricchezze un idolo! Lui è la vera ricchezza, senza il quale le ricchezze terrene sono nulla… In altre parole, l’uso della ricchezza deve rispecchiare il cuore di Dio, la sua bontà: solo allora diventerà strumento di condivisione e non di egoismo.

Nota ancora una cosa: il brano di vangelo è rivolto a tutti i discepoli del Signore e a quanti vogliono diventarlo. Dico questo perché spesso questo brano viene usato in riferimento alla vita religiosa e al voto di povertà. Quelli, si dice, che hanno lasciato tutto per il Signore (il consiglio evangelico della povertà abbracciato dai religiosi/e) riceveranno il centuplo in questa vita … e la vita eterna!!!   Questi sarebbero gli eroi, i perfetti, mentre gli altri ( i cristiani semplici!) possono continuare a possedere i loro beni rassegnandosi ad essere “imperfetti”. Questa soluzione è un trucco maldestro per sfuggire alla richiesta che Gesù rivolge a chiunque voglia diventare suo discepolo.

 L’ideale del cristiano è la condivisione fraterna dei beni che Dio ha messo a disposizione di tutti. Peccato non è diventare ricchi, ma arricchire da soli, per se stessi! E le ricchezze non sono solo i soldi, ma la salute, il tempo, le amicizie, la gioia, la fede, Dio….

Forse vale la spesa rinunciare ai beni per avere il Bene!

Don Gianni

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