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Omelia per la Festa di don Bosco

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Omelia per la Festa di don Bosco

 

FESTA DI DON BOSCO 2016

 

Le opere di misericordia salesiane  

La festa di don Bosco di quest’anno si colloca all’interno del Giubileo della Misericordia. Una delle indicazioni che il Papa ci ha dato è di riscoprire le opere di misericordia. In questo modo il papa ci ricorda che l’amore misericordioso è anzitutto un’opera, non un’idea, un buon proposito o un auspicio ma un’opera concreta che sporca le mani e stropiccia il cuore. “Opera” è una parola che si usa per realizzazioni laboriose, belle, grandi, maestose, affascinanti anche dal punto di vista dello loro esecuzione. Pensiamo all’opera della Cappella Sistina o alla Pietà di Michelangelo o al Duomo di Milano o a quei grattacieli così alti che si perdono nel cielo. L’“Opera” è frutto di un lavoro concreto, certosino, nobile ma anche faticoso. Delle case salesiane si dice che sono “opere educative”… sì, perché anche l’educazione è un’opera, e per giunta tra le più nobili perché ha per scopo la generazione di persone capaci, a loro volta, di generare altri uomini: e questa è certamente l’opera più bella! Sì, la tua vita, la tua stessa vita è un’opera! Mi piace pensare in questa festa che, oltre alle opere di misericordia spirituali e corporali, ci sono anche delle opere di misericordia salesiane, le opere caratteristiche di don Bosco. Sono tante, ma provo a sintetizzarle in sette, dato che sette sono sia le opere di misericordia spirituali che quelle corporali.

1. La prima e la più importante opera di misericordia salesiana è salvare le anime che ritroviamo nel motto di don Bosco “Da mihi animas”. Don Bosco aveva capito che l’opera più preziosa da fare è salvare le anime ovvero fare in modo che quella presenza di Dio che abita dentro di noi non venga sporcata, rovinata o compromessa dal peccato, capace di sfregiare le opere di Dio. “Salvare le anime” fu l’unica ragion d’essere di Don Bosco come sintetizzò il Beato Michele Rua, suo primo successore: «Don Bosco non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la salvezza della gioventù. Realmente non ebbe a cuore altro che le anime». È discepolo di don Bosco colui ha a cuore l’anima delle persone. Don Bosco oggi ci direbbe: “Abbi cura della tua anima. È quanto di più prezioso hai. Non perderla, non sciuparla. Abbi cura della tua anima, custodiscila. Fa’ che sia il luogo in cui Dio possa abitare. Puoi anche avere i tesori più grandi del mondo, ma… che te ne fai se perdessi l’anima?”.

2. Voler bene sempre e a tutti con amorevolezza. Ecco un’altra opera di misericordia che Don Bosco ci suggerisce. Ogni persona è degna di essere amata, ogni giovane ha diritto di essere amato al di là dei suoi limiti o della sua storia, ferita o meno che sia. Don Bosco è uno che non chiude la porta in faccia a nessuno ma che fa del voler bene una “porta santa” attraverso cui passare per far sentire l’altro amato. Chi segue don Bosco è aperto e cordiale, pronto a fare il primo passo e ad accogliere sempre con bontà, rispetto e pazienza. Chi sta con don Bosco ha un volto buono e occhi misericordiosi. Lo spirito di famiglia è la concretizzazione dell’amorevolezza salesiana. Il voler bene di don Bosco non è asettico, distaccato, freddo, ma caldo, concreto, visibile, vicino, appassionato. Don Bosco voleva che nei suoi ambienti ciascuno si sentisse a casa sua. Per questo una delle scelte chiave della spiritualità salesiana è stare con i ragazzi, vivere con loro, dimorare presso di loro non solo nei momenti formali, come la scuola, ma soprattutto nelle occasioni informali come il gioco. L’ha detto molto bene anche papa Francesco. “Quando vado al confessionale e confesso, quando viene una mamma o un papà giovane, domando: “Quanti bambini hai?”. E poi faccio un’altra domanda, sempre: “Dimmi: tu giochi con i tuoi bambini?” La maggioranza risponde: “Come dice Padre?” – “Sì, sì: tu giochi? Perdi tempo con i tuoi bambini?”. Stiamo perdendo questa capacità, questa saggezza di giocare con i nostri bambini. Per favore, perdete tempo con i nostri bambini!” (Papa Francesco, 5 luglio 2014). Stare con i giovani sempre, anche quando diventa uno stabat, voler bene sempre anche quando sembra di non raccogliere nulla: il bene seminato è un seme che non marcisce mai.

3. Una terza opera di misericordia salesiana potremmo sinterizzarla nella capacità di regalare un sogno. Don Bosco è molto preoccupato dell’aspetto vocazionale, è desideroso che ogni giovane scopra la sua strada, la sua vocazione, il sogno di Dio. Per realizzare questo non teme di osare e a ogni giovane sembra dire: “Dammi il tuo meglio… dammi il tuo cuore… non ti fermare, continua, dammi di più, dammi il tuo meglio”. Solo un cuore donato, consegnato a Dio ovvero all’amore può accogliere in regalo il sogno di Dio. Dio ti vuole regalare un sogno… il suo sogno! Lui sogna per te una vita donata, una vita spesa per gli altri: solo il dono incondizionato di te stesso da senso alla tua vita. Dio ci ama ma sempre tramite qualcuno e quel qualcuno sei anche tu. Dio ama attraverso di te. E non devi aspettare di essere grande per cominciare a voler bene. La Congregazione Salesiana nacque con 18 ‘padri fondatori’, la maggioranza dei quali giovanissimi al punto che non è un’esagerazione affermare i giovani sono stati veri “cofondatori” insieme a don Bosco della Famiglia Salesiana.

4. Vivere con ottimismo e gioia è un’altra opera di misericordia salesiana. Il salesiano non si lascia scoraggiare dalle difficoltà perché ha piena fiducia nel Padre. “Niente ti turbi”, diceva don Bosco che ha saputo cogliere il bene tra le pieghe e le piaghe della storia, della sua storia e delle vicende del suo tempo. È ottimista colui che sa leggere la presenza di Dio attraverso il suo alfabeto. È ottimista colui che sa che la speranza è il grembo in cui far nascere ogni scelta. Chi non spera non vede mai Dio. Chi spera, invece, può cogliere tra i frutti più preziosi la gioia, un dono così grande che don Bosco ne ha fatto un ingrediente per la ricetta della santità.

Chi lavora nel mondo salesiano dovrebbe fare il “voto della gioia”: il Vangelo è vero se porta alla gioia. Quando non siamo nella gioia significa che non stiamo vivendo il Vangelo. Don Bosco ci insegna a testimoniare il Vangelo con un volto gioioso e non con “una faccia da peperoncini all’aceto”, come direbbe papa Francesco che in maggio a Torino, di fronte alla Basilica di Maria Ausiliatrice, ha detto ai giovani: “Non dimenticatevi la caratteristica del vero oratoriano: è la gioia”.

5. Una quinta opera di misericordia è avere il senso della concretezza. Don Bosco è un uomo concreto: non si perde in lunghi discorsi ma si dà da fare subito e concretamente per il bene dei giovani. È un santo che si sporca le mani, che costruisce, che fa progetti, che parte in cerca dei giovani, che si ammala per loro, che sa guardare lontano concretamente, che risolve problemi pratici e che aiuta a vivere il rapporto con Dio in modo molto concreto. Papa Francesco ha detto che “i Salesiani sono concreti. Ai Salesiani che non hanno questa concretezza delle cose manca qualche cosa. Il Salesiano pensa a come fare, prende in mano le situazioni”. Pensiamo, ad esempio, al mondo del lavoro. Don Bosco ha aiutato i giovani concretamente, ha fatto in modo che avessero un contratto, li andava a visitare suo posto di lavoro per assicurarsi che tutto fosse a posto. Non si è limitato a pregare perché trovassero un’occupazione. Aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro è un’autentica opera di misericordia salesiana contemporanea! Don Bosco un uomo così concreto a livello educativo che nel suo regolamento per i giovani ha scritto nel 1877: “Non uscite mai di camera senza aggiustarvi il letto, senza sistemare gli abiti e mettere in ordine ogni cosa vostra. Non lasciate scarpe vecchie od altro ingombro sotto il letto… Ricordatevi ogni mattino di lavarvi le mani e la faccia… Il pettinarsi deve essere cosa di tutte le mattine… A scuola durante la spiegazione, evitate la brutta usanza di bisbigliare, delineare figure sul libro, far pallottole di carta e tagliuzzare il banco”.

6. Ascoltare il grido del mondo è una sesta opera di misericordia salesiana. Don Bosco fin da subito si è messo in ascolto dei giovani che erano in carcere o di coloro che erano senza casa e senza genitori. Ha ascoltato il loro grido e ha insegnato ai giovani a fare altrettanto. Tu lo senti il grido del mondo? Lo senti?! Lo senti quel grido che chiama te?! C’è un grido che trapassa la storia e ogni continente… È un vero appello vocazionale! Se non lo senti significa che il tuo cuore è sordo. Ascolta l’urlo del mondo con le orecchie del cuore… è Dio che ti chiama! Ci vuole poi il coraggio di partire con il biglietto di sola andata, di andare, di alzarsi dalle proprie comodità e di mettere da parte le tante scuse che abilmente elaboriamo.

7. Infine l’ultima opera di misericordia salesiana: vivere la liturgia della vita, unire preghiera e vita. Don Bosco non si limita a vivere dei momenti di preghiera ma cerca di fare della sua vita una preghiera continua. Vive l’unione con Dio e la contemplazione nell’azione. Don Bosco non separa la preghiera dalla vita e sembra dirci: “Prega ciò che vivi e vivi ciò che preghi”. La tua vita è il luogo ordinario dell’incontro con Dio. E le colonne che don Bosco ci ha indicato, l’Eucarestia e Maria Ausiliatrice, sono i bastioni a cui ancorare la propria esistenza perché non venga portata via da qualche burrasca. Potremmo dire della misericordia quello che una volta uno mi disse di Dio. “A che serve parlare di Dio? Se io ti spiego l’amore, tu t’innamori? Quando ti innamori di una ragazza, forse prima te la spiegano? No, prima la vedo e poi voglio conoscerla”. Ecco Dio bisogna darlo, poi dirlo. Così la misericordia: si comprende solo amando fino alla fine ogni giorno così come ha fatto don Bosco.

 

don Igino Biffi

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