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Lasciare morire le scuole paritarie significa aumentare “l'onere per lo Stato”

Lettera di un preside di un istituto veronese. «La scuola paritaria risulta sussidiaria a quella statale, che non riesce a coprire tutto il fabbisogno del territorio».


Lasciare morire le scuole paritarie significa aumentare “l’onere per lo Stato”

 

In questo grave periodo di crisi economica che l’Italia sta attraversando, la Scuola pubblica sta pagando un pesante tributo in termini di difficoltà a reperire dallo Stato i finanziamenti necessari per il buon funzionamento di tutte le sue strutture, dalle aule alle palestre, dai laboratori alle lavagne interattive, dal personale tecnico a quello di sostegno, ecc…

L’educazione delle nuove generazioni è un’attività prioritaria per ogni democrazia moderna.

La scuola paritaria contribuisce non poco, anche in questo frangente, a realizzare questa priorità.

Nel Veneto, per esempio, sette bambini su dieci frequentano una scuola dell’infanzia paritaria che in ben 298 dei 581 Comuni è l’unica struttura educativa presente (dati pubblicati sul sito del Ministero dell’Istruzione, Regione Veneto).

Questo non accade quindi solo per la libera scelta delle loro famiglie; accade soprattutto perché di fatto l’offerta del sistema d’istruzione, statale o comunale, non è in grado di sopperire al fabbisogno delle richieste delle famiglie venete.

Una situazione analoga si ripete in diverse Regioni d’Italia, pur ammettendo che il Veneto rappresenti un record in questo ambito.

Ora è vero che per quanto concerne la scuola del primo ciclo, primaria e secondaria di primo grado e la scuola del secondo ciclo, liceale, tecnica e professionale, i dati non sono sicuramente assimilabili a questi, però è altrettanto vero che spesso, soprattutto localmente, la scuola paritaria risulta sussidiaria a quella statale, che non riesce a coprire tutto il fabbisogno del territorio.

Penso a Verona, dove scuole come il Don Bosco, primaria, media, liceo, tecnico e professionale, con più sedi, come il Don Mazza, secondaria di primo grado e licei, le Stimate, primaria, media e licei, il Centro Servizi Formativi Stimatino, le Seghetti, primaria, media, licei e tecnici, il Mondin, media e licei, Gavia e Braida, primaria e media, le Campostrini, primaria, medie e licei, le Canossiane, professionale, le Aportiane, l’Istituto Lonardi, la Sacra Famiglia, le Piccole Figlie di S.Giuseppe, l’Istituto S.Carlo, l’Istituto Buonarroti, l’Aleardi, ecc… (mi scuso in anticipo per le imprecisioni formali e per le omissioni di questo elenco), di fatto accolgono e formano diverse migliaia di ragazzi che non troverebbero sistemazione nelle equivalenti Scuole Statali con iscrizioni già al completo in edifici saturi.

In questo contesto credo sia necessario mettere da parte ogni discorso di carattere ideologico o anche semplicemente partitico, per far posto piuttosto a quella logica di tipo “inclusivo” che tanto viene sbandierata oggi in tutti i documenti ufficiali che riguardano la Scuola e la vita sociale in generale.

Includere realmente le scuole paritarie nel Sistema nazionale d’Istruzione, come di fatto già ammette la famosa legge 62 del 2000, significa due cose importantissime per tutti. La prima, valorizzare il tesoro di esperienza educativa consolidato nei secoli (si può dire così almeno per qualcuno di noi) in queste Scuole; la seconda, consentire allo Stato di contenere la spesa pubblica che sarebbe necessaria per reperire o addirittura costruire nuovi edifici, aule, laboratori e palestre e per stipendiare nuovo personale docente e amministrativo, nel caso in cui le scuole paritarie fossero costrette a chiudere.

Nel nome di quel famoso comma della Costituzione, il “senza oneri per lo Stato” (male interpretato come attestato dai verbali delle sessioni dei padri costituenti), si vuole oggi lasciar morire le scuole paritarie che non trovano più genitori disposti a pagare la retta richiesta, aumentando però così e contestualmente “l’onere dello Stato” costretto a nuove e ingenti spese.

La retta, ricordo, è l’importo che la Scuola paritaria chiede ai genitori per poter mantenersi e cioè per far fronte alle spese di gestione dell’edificio e agli stipendi del personale dal momento che i contributi statali in questo senso sono insufficienti per quanto riguarda il segmento dell’infanzia e praticamente trascurabili per quanto concerne la scuola primaria e secondaria.

E’ paradossale forse, ma senza le scuole paritarie è chiaro che aumentano gli oneri per lo Stato.

Insomma, basterebbe che lo Stato dirottasse sulle nostre scuole paritarie anche solo una parte delle risorse che altrimenti dovrebbe scucire per queste migliaia di studenti veronesi e se ne otterrebbe un vantaggio, credo per tutti.

Per lo Stato, prima di tutto, per le famiglie, che manterrebbero un minimo di possibilità di scelta e infine per i lavoratori delle Scuole paritarie (sono centinaia solo a Verona), che meritano di essere tutelati almeno come le altre categorie, quelle che scendono in piazza anche in questi giorni.

Ricordo infine che le scuole paritarie risultano tali solo dopo aver superato un “esame” da parte degli organi preposti dallo Stato che devono riconoscere la loro affidabilità sia da un punto di vista amministrativo che culturale.

Le accuse secondo le quali le scuole paritarie non insegnano alcune teorie scientifiche, come l’evoluzionismo, o non concedono l’ora alternativa a quella di Religione cattolica sono pretestuose: gli insegnanti sono abilitati a seguito di esame fatto dallo Stato e i libri di testo sono quelli che circolano in tutte le Scuole d’Italia, mentre il progetto educativo d’Istituto, che è pubblico, prevede l’ora di Religione evidentemente in coerenza con la sua mission.

Se nelle scuole cattoliche, o meglio in alcune di esse, vi sia qualche insegnante coraggioso e abilitato che cerca di evidenziare il bene che ha fatto il cristianesimo nel corso della Storia nella crescita della libertà, nell’arte figurativa, nella letteratura, nella musica, nella scienza, nella pedagogia, nell’agricoltura, nell’economia, nella politica, ecc… o ancora qualcuno che cerchi di sviluppare lo spirito critico nei confronti di ogni visione della realtà, compresa quella offerta dalle teorie scientifiche, che sono per definizione in continua evoluzione, credo che non faccia altro che il suo dovere, che è quello di insegnare e di formare.

 

Umberto Fasol

Preside Istituto “Alle Stimate” di Verona

 

 

Umberto Fasol

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