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L'abbraccio a Pietro

Quest'anno siamo stati costretti a iniziare la Quaresima in un modo diverso, nuovo. Siamo stati scossi nell'anima e strappati all'abitudine. L'ovvietà delle cose è stata frantumata dall'annuncio inaspettato di Benedetto XVI. Il tempo della penitenza e del digiuno è iniziato così sotto altri toni e chiede l'assunzione di una vera responsabilità da parte di ciascuno.


L'abbraccio a Pietro

 

          Quest'anno siamo stati costretti a iniziare la Quaresima in un modo diverso, nuovo. Siamo stati scossi nell'anima e strappati all'abitudine. L'ovvietà delle cose è stata frantumata dall'annuncio inaspettato di Benedetto XVI. Il tempo della penitenza e del digiuno è iniziato così sotto altri toni e chiede l'assunzione di una vera responsabilità da parte di ciascuno.

          Il Papa che, fin dalla ”Messa pro eligendo Pontefice”, aveva chiesto di non essere lasciato solo, si è trovato a vivere un momento di estrema solitudine quando ha annunciato al mondo la sua decisione. È inevitabile chiedersi la portata di questo evento che ha posto tutta la Chiesa in una situazione totalmente nuova. Come indicato dal Papa stesso, occorre porre gli occhi e il cuore su ciò che definisce la Chiesa e far nostra la certezza che Essa non è in balia di se stessa, ma è affidata “alla cura del Sommo Pastore, Nostro Signore”. Papa Benedetto ha offerto tutta la Sua persona per servire la Chiesa e con il gesto delle dimissioni ha reso totale la Sua dedizione. Nel suo Pontificato ha dovuto affrontare questioni spinose e dolorose - fra tutte la piaga della pedofilia -, ha sviluppato un Magistero luminoso per chiarezza di dottrina e ampiezza di intervento su tutti i campi. Ci ha regalato tre bellissimi volumi sulla figura di Gesù di Nazaret. Sempre, e ancor più in questo momento, si è esposto a critiche e dileggiamenti. Ha forse avuto paura “dei lupi””, ma non è fuggito: si è consegnato nelle braccia della Madre Chiesa, ha mostrato al mondo la Sua assoluta umiltà e ha chiesto perdono per tutti i suoi difetti.

          A noi, figli della Madre Chiesa, ora, tocca sostenerLo in quest'ultimo pezzo di strada che percorrerà come Pietro, Pastore della Chiesa. Indebolire la figura del Santo Padre significherebbe concedere maggior potere a Satana. Fu Paolo VI ad affermare che il fumo di Satana era entrato nel tempio di Dio. E fu proprio il cardinal Ratzinger a parlare di “sporcizia” all'interno della Chiesa. In questo momento mi ritorna alla mente un invito di don Giussani: “Dobbiamo chiedere la forza del Padre, la forza di Dio. La forza di Dio è un uomo, la misericordia di Dio ha nella storia un nome: Gesù Cristo ... Noi dobbiamo chiedere Gesù! “Vieni, Signore Gesù. Vieni, Signore”: è il grido che sintetizza tutta la storia umana, la storia del rapporto tra l’uomo e Dio nella Bibbia. Dobbiamo pregare. È una mendicanza, non è una forza, ma l’estrema debolezza, l’espressione estrema della consapevolezza della debolezza che è in noi. La coscienza della nostra debolezza diventa mendicanza. La mendicanza è l’ultima possibilità di forza adeguata al nostro destino, rende l’uomo adeguato al destino. Si chiama normalmente preghiera”. Al digiuno e alla preghiera siamo chiamati particolarmente in questo tempo. Nel Messaggio per la Quaresima, Credere nella carità suscita la carità, il Papa ha scritto che il “sì” della fede “segna l'inizio di una luminosa storia con il Signore”, nella quale Egli “non si limita ad amarci, ma vuole attirarci a Sè, trasformarci in modo così profondo da portarci a dire con San Paolo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal.2,20) ”.

          La fede ci fa entrare nell'amicizia con il Signore e la carità ci fa vivere e coltivare l'amicizia con Lui. Che sia questo il tempo della fede e della carità. Propongo a conclusione un breve passo della Lectio divina di Papa Benedetto in visita al Seminario Maggiore, l'8 febbraio scorso. Pietro “andando a Roma certamente è andato anche al martirio: in Babilonia (così Pietro aveva definito Roma) lo aspettava il martirio. Quindi, il primato di Pietro ha questo contenuto della universalità, ma anche un contenuto martirologico. Dall’inizio, Roma è anche luogo del martirio. Andando a Roma, Pietro accetta di nuovo questa parola del Signore: va verso la Croce, e ci invita ad accettare anche noi l’aspetto martirologico del cristianesimo, che può avere forme molto diverse. E la croce può avere forme molto diverse, ma nessuno può essere cristiano senza seguire il Crocifisso, senza accettare anche il momento martirologico”.

Che sia questa una chiave di lettura della scelta di Papa Ratzinger?

 

 

Pagetti Elena

 

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