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Il posto dei laici non è la sacrestia

Purtroppo, è presente pure questo tipo di pensiero: “I laici aiutino i preti perché, poverini, da soli non ce la possono fare... specie oggi che sono anche in pochi”. Ma questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra, perché anche se i preti fossero di più, senza i laici non ci sarebbe la Chiesa! Non ci sarebbe un popolo di Dio...


Il posto dei laici non è la sacrestia

 

Alla luce dell’Anno della Fede e dei pronunciamenti del Concilio Vaticano II, con la Lumen Gentium si ribadisce “il carattere proprio e peculiare dei laici”: la secolarità.

 

Monsignor Domenico Sigalini, la Lumen Gentium parla di “laici incorporati a Cristo” e “costituiti popolo di Dio”…

 

          «Sulla grande fiducia che ha espresso il Concilio Vaticano II a riguardo del mondo laicale, credo non ci siano dubbi: ha ribaltato una serie di giudizi “comodi” che erano presenti all’epoca. Non si dimentichi, tuttavia, che una certa vivacità laicale c’era anche prima del Concilio: l’Azione cattolica esisteva già da 80 anni e i suoi grandi presidenti avevano accesso al Santo Padre proprio per definire alcune attività all’interno della Chiesa italiana. Inoltre, c’era già una grande collaborazione da parte dei laici con i presbiteri e i vescovi, quindi non è che sia stato il Concilio a inventarla. Però ha tentato di far diventare più popolare questa esperienza evidenziando che il laico è persona chiamata alla santità proprio perché è un battezzato. Nello stesso tempo, il Concilio ha precisato che il laico, proprio in forza del Battesimo, non può essere un collaboratore, ma è corresponsabile della missione della Chiesa. La differenza è evidente: il collaboratore è uno che chiamo quando mi serve; corresponsabile vuol dire che, chiamato o non chiamato, egli ha un diritto nativo e un obbligo nativo che gli viene dalla sua struttura interiore, acquisita con il Battesimo, di rispondere a Dio e di assumersi tutti gli obiettivi della Chiesa, dentro la comunità cristiana».

 

Ma allora come mai, dopo quasi 50 anni dalla Costituzione dogmatica sulla Chiesa appena richiamata, i laici non sono ancora riconosciuti in pienezza e sono ancora considerati, ed essi stessi si considerano, una “categoria a sé”?

 

          «Perché il nostro clericalismo è tardo a morire. Perché a comandare si fa presto, ma a rendere le persone capaci di condividere la passione dell’annuncio del Vangelo è cosa molto più impegnativa. Perciò questo rimane un impegno di tutta la Chiesa.

 

          Non voglio dare la colpa soltanto ai presbiteri o a i vescovi, anche i laici si approfittano della Chiesa, anziché servirla. E quando parlo di servire non intendo l’essere sempre a disposizione dentro le sacrestie, ma di assumersi l’incarico che la Chiesa stessa ha nel mondo: l’annuncio del Vangelo. Comunque, nonostante queste difficoltà, è innegabile che dopo il Concilio sono sati fatti importanti passi in avanti».

 

Mons. Sigalini, dal punto di vista del “carattere secolare dei laici”, in che cosa consiste la loro missione nella Chiesa?

          «La missione dei laici nella Chiesa è quella di non essere uomini di sacrestia, ma uomini del Vangelo. Quindi, essere gli uomini della santità, che si incaricano della formazione dei ragazzi, dei giovani e dell’educazione dei figli, se si tratta di una famiglia: uomini, insomma, che si incaricano di tutti gli obiettivi che ha una comunità cristiana. Del resto, grazie al Concilio abbiamo in tutte le parrocchie degli Organismi di partecipazione – i Consigli pastorali - fatti proprio dai laici. Il Consiglio pastorale, per inciso, non è il luogo in cui si va a suggerire al parroco l’orario in cui deve celebrare le messe o in cui fare una processione, ma in cui preti e laici insieme colgono quali sono le grandi istanze della gente del loro territorio affinché il vangelo sia ancora un annuncio di salvezza per tutti».  

L’apporto dei laici è, quindi, insostituibile…

          «Sì. La Lumen Gentium al  numero 37 dice che i laici, proprio per il loro carattere e la loro presenza concreta e quotidiana nel mondo, possono portare alla Chiesa una conoscenza delle realtà che è necessaria ai Pastori per poter stabilire dei progetti sia spirituali, sia temporali. Questa è una responsabilità del laico.

          Faccio un piccolo esempio: chi fa cogliere alla Chiesa quali sono le realtà più belle e più importanti per una famiglia? I genitori. La Chiesa, infatti, le può cogliere solo attraverso lo sguardo di una mamma e di un papà, perciò poi formulerà i suoi progetti per la comunità cristiana assieme a loro.

          Parlando di famiglia, c’è un’altra cosa importante da ricordare: essa non è un oggetto a disposizione dei preti o della pastorale, ma è soggetto, tanto quanto lo è il prete. Infatti, sono il sacramento dell’ordine presbiterale e il sacramento del matrimonio insieme a costruiscono la comunità cristiana. Ecco, dunque, che all’interno del ministero della Chiesa la presenza del laico è assolutamente necessaria».

Ma il servizio dei laici non sempre è inteso in questo modo.

          «Purtroppo, è presente pure questo tipo di pensiero: “I laici aiutino i preti perché, poverini, da soli non ce la possono fare… specie oggi che sono anche in pochi”. Ma questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra, perché anche se i preti fossero di più, senza i laici non ci sarebbe la Chiesa! Non ci sarebbe un popolo di Dio, ma un insieme di persone che hanno degli incarichi».

Quali responsabilità hanno i laici verso il mondo?

          «Nel mondo, la specificità del laico è assumersi responsabilità in tutti i campi della vita. In campo economico, in campo sociale e politico, in campo scientifico… Il laico deve stare dentro le istituzioni con grande dignità e qui tradurre il Vangelo in modo originale, secondo ciò che gli ispira il Signore.

          L’annuncio del Vangelo, proprio di ogni parrocchia, se fosse affidato solo alle iniziative che fa il parroco sarebbe davvero povero. Ma ogni cristiano ha un suo compito là nell’ambiente in cui vive, ed è quello di far crescere una coscienza cristiana e di potare il Vangelo».

Eccellenza, quali limiti vede nei laici di oggi?

          «Il limite più grande di alcuni laici di oggi è quello di usare il nome cristiano e poi farsi i fatti propri. Purtroppo, in politica questo accade troppo spesso: nel nome di Cristo si è cattolici, ma poi si pensa a riempirsi le borse. (E’ un limite che hanno i laici, ma possono averlo anche i preti). E’ il limite grande di non essere fedeli al Vangelo, ma di usarlo come copertura delle proprie cattive azioni.

          Un altro limite è che, ultimamente, nel mondo laicale non c’è una vera presa di coscienza che il proprio compito deriva dalla natura dell’essere cristiano. Non è un compito che si assume oggi e domani no, proprio perché non si è cristiani a giorni alterni. E il modo in cui assumi un impegno caratterizza la tua fedeltà e la tua vita.

          Ovviamente, non si può generalizzare. Faccio parte dell’Ac e vedo tantissime persone che si impegnano in modo coerente e costante e dedicano tempo, energie enormi all’annuncio del Vangelo, alla formazione dei giovani e degli adulti…».

C’è qualche indicazione che vorrebbe dare ai laici?

          «Ne ho due. La prima è quella di aggregarsi. Per carità, si può vivere da cristiani anche senza far parte di nessuna associazione o movimento, perché la Chiesa è per tutti e non ti chiede di avere particolari spiritualità se non il Battesimo.

          Però, se ci si aggrega si dà più concretezza al Vangelo; per esempio, nella vita civile, si può avere più forza nell’aiutare le famiglie ad avere il loro posto nella società, oppure nell’aiutare le scuole ad essere più rigorose dal punto di vista scientifico e più rispettose nei riguardi della fede… Insomma, l’aggregazione permette uno scambio di informazioni, uno scambio di aiuti che favorisce la costruzione di una società nel nome del Signore.

          L’altra indicazione – che raccomando vivamente ai cristiani – è di non fermarsi assolutamente nella sacrestia, perché altrimenti aumentiamo la muffa. Viviamo il nostro essere cristiani dentro il mondo: c’è un sacco di gente che ha bisogno di Dio e non c’è un prete che possa arrivare là dove arriva un laico, tutti i giorni, in tutte le pieghe della vita, in tutte le esperienze concrete. Da questo punto di vista, il laico è una ricchezza straordinaria. Se manca lui, non c’è nulla che tenga!».

 

 

Luca De Marzi

 

http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it

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