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I dieci comandamenti secondo Benigni

Quasi due ore di lettura intensa e senza digressioni del Decalogo biblico, mantenendo sempre viva l'attenzione del pubblico e senza cadere nella banalità. Una grande prova del comico toscano.


I dieci comandamenti secondo Benigni

 

Riuscirà Roberto Benigni a ripetere il miracolo attuato con la Divina Commedia, la Costituzione, l'inno di Mameli? Riuscirà ad appassionare il pubblico televisivo ai Dieci Comandamenti, portando la Parola di Dio nelle case degli italiani, passando attraverso uno studio Rai? Riuscirà a dare concretezza, colore, attualità a una delle Parole più alte dell'umanità, senza banalizzarla?

 

Con questi interrogativi in testa abbiamo assistito ieri sera alla prima puntata dedicata alla lettura dei Dieci Comandamenti da parte del comico toscano. Il quale - diciamolo subito - è riuscito nel "miracolo".

 

Benigni occupa il palcoscenico sulle note della solita musichetta, una specie di colonna sonora delle sue apparizioni ormai. Paga subito il tributo alle aspettative di chi da lui vuole comunque battute e risate. D'altra parte, lo spettacolo avviene a Roma, la città dove i politici hanno violato da cima a fondo i Dieci Comandamenti, giusto per rendere più facile a lui, Benigni, il compito, mostrando per via negativa tutto ciò che non il Decalogo esorta a non fare. Ma è questione di 10, 15 minuti al massimo, il tempo necessario per scaldare la voce, stabilire un rapporto col pubblico; dopodiché, senza nessun'altra digressione, il comico va dritto al cuore della questione.

 

Qualche affermazione generica ma di effetto («La Bibbia fa bene alla salute», ha detto, ripetendo il concetto anticipato nel servizio pubblicato nel numero di Famiglia Cristiana in edicola), poi l'illustrazione del contesto storico-biblico all'interno del quale il dono del Decalogo all'umanità è avvenuto. Nel raccontare l'Esodo, Benigni mette tutta la passione, la capacità affabulatoria, l'energia che sono la cifra della sua recitazione. Sentendolo e vedendolo, ieri sera alla Tv, pareva di vedere Mosè bambino riposto in una cesta e nascosto fra i canneti del fiume affinché non venisse ucciso; si aveva l'impressione di soffrire con lui, quando, ucciso un soldato egiziano, era stato costretto a fuggire nel deserto e a farsi un umile pastore; eravamo al suo fianco quando, sbalordito, assisteva alla Rivelazione del Signore in un roveto che non si consuma... E così fino a quel momento indicibile che è la consegna delle Dieci Parole.

 

È stato un colpo di genio da parte di Benigni l'aver chiesto al pubblico in sala, e idealmente a quello che lo seguiva da casa, un momento di silenzio (avesse avuto il coraggio di farlo durare davvero 10 secondi, come aveva detto, sarebbe stato ancora più efficace): attenzione, qui si comincia a fare sul serio, stiamo per accostarci a qualcosa di immensamente più grande di noi (che bravo quando ha ricordato il celebre episodio di Sant'Agostino che incontra il bambino sulla spiaggia...), quel che diremo è totalmente altro da qualsiasi cosa siamo abituati a dire o a sentire.  Non c'era un modo più convincente per trasmettere il messaggio che interrompere, di fatto, lo spettacolo con qualche attimo di silenzio assoluto: una specie di "bestemmia", per i canoni della televisione...

 

E così, senza più indulgere ad altre battute, senza accattivarsi il pubblico suscitando risate e applausi, Benigni ha puntato tutto sul contenuto dei Dieci Comandamenti. I primi tre, intanto, gli altri li affronterà questa sera. I lettori troveranno in questo dossier i pareri autorevoli di biblisti, teologi e sacerdoti. Da semplici ascoltatori, possiamo dire che gli spunti per leggere queste Parole immortali scavando sotto la superficie e per coglierne l'insuperabile attualità sono stati davvero molti.

 

Sentirgli dire che "Non nominare il nome di Dio invano" significa, certo, non bestemmiare, ma ancor più il divieto a strumentalizzare il nome di Dio per compiere malvagità, che il Signore non può tollerare che qualcuno si serva di lui per fare del male e commettere violenze, è stato quasi commovente. L'insistenza sul fatto che Dio è sempre alla ricerca dell'uomo, che non è sordo al suo dolore, che squarcia il cielo, come fosse un sipario, per piegarsi sull'umanità, ci sembra un'intuizione bellissima e teologicamente fondata. L'aver ricordato che i Dieci Comandamenti presuppongono il dono più grande del Signore all'uomo, vale a dire la libertà, alla quale corrisponde una tremenda responsabilità, ha permesso di rievocare in maniera semplice profonde e complesse questioni filosofiche e teologiche. La lettura del "Santificare le feste" come di un momento necessario in cui l'uomo ritrova se stesso e il legame autentico con la natura e il prossimo ha molte risonanze sull'uomo stressato dei nostri tempi...

 

Quasi due ore di spettacolo sono volate in un soffio. Benigni ha la capacità, piuttosto rara, di rendere interessanti anche i temi più lontani, più difficili, più insoliti. Non è facile nemmeno per i sacerdoti abituati a predicare intrattenere un pubblico in diretta televisiva per due ore sui Dieci Comandamenti, evitando due insidie: quella di annoiare e perdere l'attenzione da una parte e quella di scivolare in stratagemmi per conquistarsi il favore del pubblico, magari accettando qualche compromesso sulla profondità e sulla "precisione teologica", dall'altra.

 

La nostra sensazione è che Benigni abbia superato egregiamente entrambi gli ostacoli. E la cosa più stupefacente e degna di attenzione è il fatto che ci ha conquistato parlando di Dio, della Bibbia, dei misteri che ci accompagnano da quando siamo nati e che sempre ci accompagneranno. Non ha scelto scorciatoie, tanto che qualcuno ha notato che con la performance di ieri sera ha portato a compimento la sua evoluzione da comico a... qualcosa di diverso. Siamo convinti che, se lo volesse, Benigni saprebbe farci ridere per due ore ironizzando sui cognomi degli indagati dello scandalo romano. Ieri sera ha scelto invece di dedicare pochi minuti a questo argomento, portandoci poi su un terreno diverso, impervio, ma finalmente più vero.

 

Quello che ci lascia è l'immagine di un Dio che per amore verso l'uomo è pronto a tutto. Scusate se è poco.

 

 

Paolo Perazzolo

http://www.famigliacristiana.i

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