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Fate il presepe, non offende i ragazzi islamici

Ebbene anche il Natale, proprio nella culla del cattolicesimo, potrebbe trasformarsi nella festa probabilmente più significativa della condivisione spirituale tra cristiani e musulmani. Ci sono degli esempi illuminanti. A Nazareth i musulmani preparano l'albero di Natale per condividere la festa dei loro fratelli cristiani...


Fate il presepe, non offende i ragazzi islamici

da Quaderni Cannibali

del 01 gennaio 2002

Forse i presidi e gli insegnanti che nel nome del relativismo culturale hanno ritenuto opportuno abolire il presepe, l’alberello e Babbo Natale nelle scuole italiane, per non urtare una supposta suscettibilità degli studenti musulmani, non conoscono i versetti del Corano (Sura III 45-46) che recitano: «E quando gli angeli dissero a Maria: O Maria, Dio t’annunzia la buona novella d’una Parola che viene da Lui, e il cui nome sarà il Messia, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell’altro e uno dei più vicini a Dio. Ed egli parlerà agli uomini dalla culla come un adulto, e sarà dei Buoni».

Perché se lo conoscessero saprebbero che l'Islam, al pari del cristianesimo, venera Gesù e Maria e riconosce il dogma dell'immacolata concezione. Capirebbero che proprio la festa del Natale potrebbe rappresentare uno straordinario momento di condivisione spirituale, di partecipazione religiosa e di intesa umana tra cristiani e musulmani. E che proprio la scuola, la sede istituzionale e ideale dove si forgiano la mente e l'animo delle future generazioni, dovrebbe esaltare la festa di Natale rendendolo un passo saliente verso il traguardo della comune civiltà dell'uomo.

La condivisione della spiritualità è un dato di fatto tra le tre grandi religioni monoteiste rivelate dal momento che credono negli stessi profeti. A Hebron le tombe di Abramo, Isacco e Giacobbe sono venerate da ebrei, cristiani e musulmani, anche se vi accedono da due ingressi separati. Due portoni distinti erano presenti anche nella chiesa di Damasco dove è custodita la reliquia di San Giovanni Battista, venerata da cristiani e musulmani, prima che si trasformasse interamente nella moschea Omayyade dove nel maggio 2001 papa Wojtyla entrò per la prima volta raccogliendosi in meditazione affiancato dalle maggiori autorità islamiche siriane. In Egitto esistono una decina di santuari mariani, edificati nei luoghi dove si ritiene abbiano sostato Gesù, Maria e Giuseppe durante la loro fuga dalla Terra santa, e dove annualmente si recano in pellegrinaggio cristiani e musulmani.

Ebbene anche il Natale, proprio nella culla del cattolicesimo, potrebbe trasformarsi nella festa probabilmente più significativa della condivisione spirituale tra cristiani e musulmani. Ci sono degli esempi illuminanti. A Nazareth i musulmani preparano l'albero di Natale per condividere la festa dei loro fratelli cristiani. Nel 1995 Yasser Arafat che era un fervente musulmano praticante, dopo il matrimonio con la cristiana Suha al Tawil, partecipò alla messa di Natale nella chiesa della Natività a Betlemme. E quando gli integralisti islamici lo criticarono, lo stesso mufti (massima autorità giuridica islamica) dei palestinesi, lo sheikh Al Alami, disse che i musulmani possono partecipare alla messa di Natale.

E non a caso è Feras Jabareen, l'imam della moschea di Colle Val d'Elsa, un palestinese con cittadinanza israeliana, un musulmano praticante con un radicato rispetto per la fede altrui, a sottoscrivere l'iniziativa della festa del Natale condivisa da cristiani e musulmani: «Gesù e Maria fanno parte della nostra religione e della nostra devozione. Il Natale deve diventare un momento di incontro, di riflessione e anche di integrazione». Aggiunge una puntualizzazione: «Ritengo doveroso che i musulmani partecipino con i loro fratelli cristiani alla gioia del Natale come festa tradizionale, ovvero che registra un evento, non come festa religiosa poiché nel Corano si specifica che le feste religiose sono due, l'Id al Fitr che segna la fine del Ramadan e l'Id al Adha dopo il pellegrinaggio alla Mecca».

Un altro imam illuminato italiano, Yahya Pallavicini, si spinge oltre ammettendo che «esiste un limite culturale che impedisce di considerare il Natale come una festa anche musulmana», ma che questo limite potrebbe essere superato proprio dalle comunità islamiche d'Europa.

Un tentativo fatto dal premio Nobel per la letteratura, l'egiziano Nagib Mahfuz, nell'incantevole racconto breve Il Paradiso dei bambini scritto nel 1969 (tradotto in italiano nel volume L'Altro Mediterraneo, Antologia di scrittori arabi del Novecento a cura di Valentina Colombo, Mondadori). Una bambina musulmana confessa ai genitori la sua passione per la compagna di classe Nadia, una cristiana, lamentando il fatto che vengono separate nell'ora di religione. Ingenuamente chiede: «Se mi faccio cristiana sto sempre con lei?». Il padre risponde: «Ogni religione è buona. I musulmani adorano Dio, i cristiani pure». E lei: «Perché lei lo adora in una stanza e io in un'altra?». Il papà taglia corto: «Chi lo adora in un modo, chi lo adora in un altro». Ma alla fine, dopo un serrato e logorante interrogatorio su Dio, Gesù, la vita e la morte, la bambina musulmana conclude irremovibile: «Voglio stare sempre con Nadia!». E chiarisce: «Anche nell’ora di religione!».

E' in definitiva il trionfo dell’umanità sul dogmatismo, dell'illuminismo sul fanatismo. Ed è questo lo spirito che dovrebbe ispirare la percezione del Natale come festa condivisa da cristiani e musulmani. Nel rispetto di una tradizione millenaria che salvaguarda un'identità cristiana autoctona e recependo un'interpretazione riformista dell'islam all'insegna della cultura della vita e della pacifica convivenza.

Magdi Cristiano Allam

http://www.corrieredellasera.it

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