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Esperienze di predicazione

Mi occupavo dei miei giovanetti nei giorni festivi: erano la mia delizia. «Giovanni mio, ricordati che non è l'abito che onora il tuo stato, ma la virtù».Q uando Don Bosco parla di vacanze e di pericoli ci tiene a dire che anzitutto parla per sé, avendone fatto esperienza. E racconta...


Esperienze di predicazione

 

Le vacanze di Don Bosco

          A vent’anni Don Bosco, il 25 ottobre 1835, veste l’abito ecclesiastico; il 30 ottobre la partenza per il seminario di Chieri preceduta, la sera prima da quelle commosse parole della Mamma, già altre volte ricordate su queste pagine: «Giovanni mio, tu hai vestito l’abito sacerdotale… Ma ricordati che non è l’abito che onora il tuo stato, ma la virtù… Se mai avessi da dubitare della tua vocazione, per carità! non disonorare quest’abito, deponilo subito… Quando sei nato ti ho consacrato alla Beata Vergine Maria, quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la devozione a questa nostra Madre; ora ti raccomando di essere tutto suo…».

          Del Seminario descrive la vita, le amicizie, gli studi. Ma sembra preoccuparlo di come vivere, da candidato al Sacerdozio, le vacanze, che duravano, allora, quattro mesi e mezzo. È di Don Bosco la celebre frase che identifica le vacanze come tempo propizio per la vendemmia del diavolo. Per questo raccomanda di evitare l’ozio e di sfruttarle per la propria cultura e per fare opere buone. Dalle sue Memorie conosciamo come trascorreva questo tempo. «Io impiegava il tempo a leggere, a scrivere… a fare qualche lavoro. Cuciva abiti, tagliava, cuciva scarpe: lavorava nel ferro, nel legno... Mi occupava pure a segare l’erba nei prati, a mietere il frumento, a vendemmiare... Mi occupava de’ miei soliti giovanetti ne’ giorni festivi... a fare catechismo a molti miei compagni. Mi sono eziandio dato ad ammaestrarne alcuni nel leggere e nello scrivere».

Esperienze di predicazione

          Nel frattempo il chierico Bosco si esercita anche nel ministero della predicazione col permesso e l’assistenza del suo parroco… e con l’ammirazione degli uditori. Scrive: «Da tutte parti era applaudito, sicché la vanagloria mi andò guidando, finché ne fui disingannato come segue. Un giorno dopo la predica sulla nascita di Maria ho interrogato uno sopra la predica, di cui faceva elogi sperticati, e mi rispose: “La sua predica fu sopra le povere anime del Purgatorio” ed io aveva predicato sopra le glorie di Maria!» Dopo una dotta e ben curata predica nel paese di Alfiano Natta nell’astigiano, ha voluto chiedere il parere del parroco, persona di molta pietà e dottrina. «La vostra predica, mi rispose, fu assai bella, ordinata, esposta con buona lingua… Ma avranno capito soltanto il mio fratello prete, io e pochissimi altri». Il giovane chierico Bosco si mostrò stupito poiché aveva parlato di argomenti assai facili… «A voi sembrano facili, ma per il popolo sono assai elevati». E dopo avergli raccomandato di lasciare la troppa erudizione gli suggerisce di parlare «popolarmente, popolarmente, popolarmente». «Questo paterno consiglio – conclude Don Bosco – mi servi di norma in tutta la vita».

Feste patronali paesane

          Quando Don Bosco parla di vacanze e di pericoli ci tiene a dire che anzitutto parla per sé, avendone fatto esperienza. E racconta: «Un anno fui invitato ad un festino in casa di alcuni miei parenti. Non voleva andare, ma ai ripetuti inviti di un mio zio credei bene di accondiscendere e ci sono andato. Compiute le sacre funzioni, ce ne andammo a pranzo. Fino ad una parte del desinare andò bene, ma quando si cominciò ad essere un po’ brilli di vino, si misero in scena certi parlari che non potevansi più tollerare da un chierico. Provai a fare qualche osservazione, ma la mia voce fu soffocata; uno si mise a parlare peggio e ad insultare i commensali. Dalle parole si passava ai fatti; schiamazzi, minacce, bicchieri, bottiglie, piatti... si univano insieme a fare un baccano orribile. In quel momento io non ho più avuto altro scampo che darmela a gambe. Giunto a casa ho rinnovato di tutto cuore il proponimento di stare ritirato se non si vuole cadere in peccato».

A cavallo lungo la valle e una brillante predica in testa

          Nel giugno 1841 Don Bosco è sacerdote. A Castelnuovo, per 5 mesi, fa da viceparroco. È felicissimo di questa esperienza pastorale nel suo paese natìo. Predicava, visitava i malati, faceva «oratorio » e catechismo ai ragazzi: ciò costituiva la sua «delizia». Scrive: «Uscendo dalla casa parrocchiale era sempre accompagnato da una schiera di fanciulli e dovunque mi recassi, era sempre attorniato da’ miei piccoli amici che mi festeggiavano». Aveva molta facilità di parola, per questo veniva invitato a predicare nelle feste di paese. Fu invitato a tenere il panegirico di San Benigno nella parrocchia di Lauriano a una ventina di chilometri da Castelnuovo. Voleva fare onore e al santo e al parroco. Si preparò un discorso semplice ma in forma brillante. Se lo studiò bene e poi, a cavallo, via a galoppo lungo la valle.

          Scrive: «Da un campo seminato di miglio all’improvviso si alza una moltitudine di passeri, al cui volo e rumore il mio cavallo spaventato si dà a correre per via, campi e prati…Tentai una manovra di equitazione, ma la sella mi spinse in alto ed io caddi capovolto sopra un mucchio di pietre spaccate…». Don Bosco, privo di sensi, fu soccorso e portato in una vicina cascina da un uomo che aveva visto l’incidente. Ripresi i sensi, chiese dove si trovasse e chi fossero i suoi soccorritori. Il brav’uomo, mentre attendeva il medico fatto chiamare, gli raccontò quanto era pure a lui accaduto qualche anno prima. Riportiamo il dialogo così riferito da Don Bosco nelle Memorie. «Parecchi anni or sono di autunno io era andato in Asti colla mia somarella a fare provvigioni per l’inverno. Nel ritorno, giunto nelle valli di Morialdo la mia povera bestia, carica assai, cadde in un pantano e restò immobile in mezzo la via. Era mezzanotte, tempo piovoso. Non sapendo più che fare mi diedi a gridare chiamando aiuto. Dopo alcuni minuti, dal vicino casolare vennero un chierico, un suo fratello con due altri uomini portando fiaccole accese. Mi aiutarono a scaricare la giumenta, mi condussero in casa loro... Mi pulirono, mi ristorarono con una stupenda cena, poi mi diedero un letto morbidissimo. Al mattino prima di partire ho voluto dare compenso come di dovere; il chierico ricusò tutto dicendo: “Non può darsi che dimani noi abbiamo bisogno di voi?” ». Don Bosco si commuove fino alle lacrime. Egli continuò: «Quella famiglia si chiamava Bosco, detta Boschetti. Ma perché si commuove? Forse la conosce? Sta bene quel chierico? » «Quel chierico, mio buon amico, è quel sacerdote che voi portaste in vostra casa, collocaste in questo letto. La divina Provvidenza ha voluto farci conoscere con questo fatto che chi ne fa, ne aspetti». Seguì una gran festa in famiglia dopo che il dottore constatò non esservi alcuna frattura. Giovanni Brina, il suo bravo soccorritore, condusse Don Bosco a casa sua. «Finché egli visse abbiamo sempre conservato le più care rimembranze di amicizia». Conclude Don Bosco: «Dopo questo incidente ho fatto ferma risoluzione di voler per l’avvenire preparare i miei discorsi per la maggior gloria di Dio, e non per comparire dotto o letterato».

 

 

Don Emilio Zeni

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