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Domenica 2 febbraio: 'Giornata della vita' da Giovani per i Giovani

Domenica 2 febbraio si celebra la XXV “Giornata per la vita”. È singolare che vi debba essere una giornata dedicata alla vita, come se fosse necessario ricordare agli uomini l'importanza della vita, che non va sfruttata, né negata, abusata, né uccisa. Eppure questi uomini, ciascuno di noi, vive il suo quotidiano rischiando di dimenticare che la vita è un dono prezioso, un'avventura stupenda che non può essere venduta al migliore offerente. [...]


Domenica 2 febbraio: 'Giornata della vita' da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 01 gennaio 2003

 Quante sono le notizie scabrose che tutti i giorni ci mostrano la vita come un gioco, come un possesso di qualcuno: omicidi, prostituzione, aborto, clonazione umana, pedofilia, abbandoni. Quanti altri ancora sono i nomi della non-vita?

 

 

Diventa allora necessario ricordare e far ricordare che la vita non va sprecata, né sfruttata, piuttosto difesa strenuamente e promossa in ogni maniera.

 

In occasione della “Giornata per la vita” la Conferenza Episcopale Italiana, attraverso il Consiglio Episcopale Permanente, ha scritto un messaggio dal titolo “Della vita non si fa mercato”, in cui si afferma che gli esseri umani non sono merce e che la vita è un dono fuori commercio.

 

            Scrivono, infatti, i vescovi: Ci sono stati tempi, e purtroppo non sono finiti, in cui gli esseri umani sono stati venduti e comprati, ciascuno con la sua valutazione; c’era chi teorizzava la bontà, pratica e anche etica, di tutto ciò. Pochi osavano muovere obiezioni; tra i pochi che intuivano, inorridivano e denunciavano quello che a loro sembrava un attentato alla verità inscritta in ciascuno di noi, ci furono i cristiani, perché l’insegnamento di Gesù Cristo, rivelando la dignità dell’essere umano nella sua verità e in tutto il suo splendore, non permetteva di fare distinzioni. Infatti, come ricorda San Paolo «non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) e tutti siamo figli dell’unico Padre.

 

 

            A volte ci si difende e ci si autoconvince che tante logiche del passato siano ormai debellate dal progresso, dalle carte dei diritti, dai grandi proclami, ma spesso si tratta solo di non voler guardare in faccia la realtà o di fare il gioco dei potenti. Continuano i vescovi nel loro messaggio: Il progressivo riconoscimento dei diritti umani non ha estirpato completamente l’antica tendenza a considerare gli esseri umani come una semplice merce. A volte, anzi, si arriva a legittimare presunti diritti per sottomettere altri uomini secondo logiche di possesso, di potere e di sfruttamento. In molti angoli del mondo, in quelli più poveri come in quelli più ricchi, e in molti settori della vita la tendenza perdura, adeguandosi ai tempi e alle mode.

 

 

Si va dalla stessa soppressione della vita nascente con l’aborto al commercio di organi dei minori, ai bambini soldato, alle prostitute schiave, ai ragazzi e alle ragazze sottoposti ad abusi sessuali, alla speculazione sul lavoro minorile, ai lavoratori sottopagati e sfruttati, forme tutte di autentica schiavitù. In ciascuno di questi casi la vita umana è umiliata e sfigurata con cinico disprezzo.

 

 

            E che dire allora di tutto il recente dibattito sulla clonazione, sulla manipolazione genetica che rischia di essere senza limiti e indiscriminata. Il Consiglio Permanente, col suo messaggio, si mostra profetico in tal senso, visto che è stato scritto il 7 ottobre dello scorso anno: Ancora più gravi sono gli esiti di questa logica mercantile quando essa viene applicata direttamente alla persona umana. Da tale logica traggono linfa molti attentati alla vita umana, in particolare nell’ambito della vita nascente. Non ci si può appellare a falsi diritti per cancellare i veri e inviolabili diritti del più piccolo e indifeso tra gli esseri umani: l’embrione. Per curare alcune malattie con le cellule staminali si giunge a proporre la sperimentazione indiscriminata sugli embrioni, giustificandone la creazione in vitro, la manipolazione e la soppressione. Per avere mano libera si arriva a strumentalizzare anche il legittimo desiderio di maternità e di paternità, fino ad affermare un inesistente diritto ad avere un figlio in ogni modo e in qualsiasi condizione, anche fuori del matrimonio e in contesti di omosessualità. L’assenza di criteri etici e di regole chiare, che partano dalla tutela dell’embrione e dai suoi inalienabili diritti, apre la strada a forme indiscriminate di uso e abuso della vita nascente e finisce per favorire chi pensa di poter operare in questo campo con logiche mercantili.

 

 

Ma non sono solo i potenti e le multinazionali a giocare con la vita e a fare il creatore. Spesso le coppie stesse non hanno chiara la misura del desiderio di avere figli, ma lo vogliono a tutti i costi. “A tutti i costi”, mai locuzione più appropriata e allo stesso tempo paradossale quando si parla di questo tema; appropriata perché sono pronti a spendere qualunque cifra per aver un figlio, magari bello, biondo e con gli occhi chiari; paradossale perché non sono le ricchezze a comprare l’amore. Su questo aspetto il messaggio afferma: Il figlio stesso è dono, amore, incontro e relazione. Nasce, in altri termini, da un atto del tutto gratuito, sottratto a ogni logica utilitaristica o mercantile, perché l’amore non cerca il tornaconto personale. Così accade con i figli che, nati da un libero gesto creativo di una sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri liberi: liberi della libertà spirituale che deriva dall'essere, in ogni caso, primordialmente figli di Dio.

 

 

C’è in alcuni la tendenza, sia pure spesso inconsapevole, a considerare i figli che devono nascere come degli “oggetti” di cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio. Si potrebbe persino dire che il movente non è troppo diverso da quello che ci può spingere a sentire il bisogno di un’automobile o di una bella vacanza. Il figlio viene così pensato, da subito, come un oggetto che sarà posseduto da chi lo avrà “prodotto”; una merce alla stregua di altre merci.

 

 

Diventa decisivo, allora, che si gridi che della vita non si può fare mercato! Che non ci si stanchi di dirlo, perché questa affermazione non è arbitraria, né una mera esortazione più o meno accettabile; è un fondamento decisivo della nostra società. Negandola, si insinua che gli esseri umani possano, tutto sommato, essere cose da possedere. Nessuna società – afferma il Consiglio Permanente,  tranne un’autodistruttiva società di predoni, può reggersi sull’estensione senza limiti del concetto di “possesso”. Non tutto si può possedere; non di tutto si può fare mercato. Ce lo suggeriscono la ragione e il buon senso; ce lo ricordano il Vangelo e duemila anni di pensiero cristiano. Occorre che tutti ne facciano tesoro, a cominciare dai legislatori, dai quali attendiamo leggi chiare nei principi etici ed efficaci nella tutela della vita umana, nella consapevolezza - speriamo sempre più diffusa e condivisa - che gli esseri umani non sono una merce e che della vita umana non si fa mercato.

 

 

Qual è, dunque, la chiave di lettura antica e sempre nuova? Qual è il messaggio di vita vera che non cessa di essere attuale? Qual è la Parola che si fa vita per rendere la vita divina? Ed ancora, qual è il compito dei cristiani? I vescovi alla fine del loro messaggio affermano: Come cristiani siamo chiamati ad annunciare con forza e coraggio l’illuminante verità dell’amore del Padre che ci ha riscattati donandoci la vita nel suo Figlio. La vita umana non ha prezzo perché siamo stati comprati «a caro prezzo» (1Cor 7,23) dal Signore. «Ecco, tutte le vite sono mie» (Ez 18,4), dice Dio per riaffermare che ogni vita viene da lui e a lui anela. La comunità cristiana, «popolo della vita», guardando ogni persona con l’occhio di Dio proclama il Vangelo della vita non solo ai credenti ma a tutti e «gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno, così che sempre più numeroso sia il “popolo per la vita” e la nuova cultura dell'amore e della solidarietà possa crescere per il vero bene della città degli uomini» (Evangelium vitae, 101).

 

 

 

 

 

Marco Pappalardo

 

 

Marco Pappalardo

 

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