Arte

Domande di un folle

Da quale terribile tormento interiore cercavo di fuggire o da quale angosciosa notizia esteriore scappavo lontano per non sentire, non cogliere, non volere?


Domande di un folle

Autoritratto con orecchio fasciato, Vincent Van Gogh, 1889.

La colpa fu di Rachele, la prostituta di quel bordello frequentato da Gauguin. La colpa fu della notizia delle nozze imminenti del fratello Theo. La colpa fu dell’amico Gauguin che decise di abbandonare la città di Arles. Perché Vincent van Gogh si tagliò l’orecchio? Se lo chiedono in tanti… Da quale terribile tormento interiore cercavo di fuggire o da quale angosciosa notizia esteriore scappavo lontano per non sentire, non cogliere, non volere?

Mozzato l’orecchio lo regalai ad una donna, che inorridita e allarmata pensò quello che state pensando tutti: è un pazzo. Forse anche pericoloso. Meglio allontanarsene. Solo un pazzo si amputa in quel modo un pezzo di sé, solo un pazzo lascia tanto spazio alla  disperazione, solo un pazzo si infligge un tale dolore.

Per contrario: e chi non lo fa cos’è? Chi lascia indenne il proprio orecchio, anzi lo abbellisce con fronzoli e lo buca per farlo apparire più carino che cos’è?

Chi, pacifico, sente il grido del mondo vicino e lontano, ma continua imperturbato la propria routine… cos’è?

Chi, pacifico, sente voci bugiarde vicine e lontane, ma inerte lascia fare e non contraddice… cos’è?

Chi, pacifico, sente discorsi di calcolo e di menzogna, ma preferisce non immischiarsi e acconsentire… cos’è?

Chi, pacifico, sente fatiche e confidenze, ma le tradisce giudicandole… cos’è?

Solo un folle può camminare in questo momento per le strade indifferente al mondo, apatico fantasma vagante in giorni diversi eppure sempre uguali, anima in spegnimento progressivo. Ecco in me, Vincent, un atto disperato di coraggio, un grido di dissenso e di dolore, uno spasmo spirituale: nel rifiuto una sete, nella violenza una speranza, nella solitudine un desiderio di altri che se ne vanno. Tutto, ma non spento.

Ma continuai a parlare con i colori colti e gettati in tela, occhi e mani alleati per creare nuovi scenari dentro a stessi paesaggi. Non volli sentire, ma parlare e raccontare di luci e di ombre, di forme e di attimi colti aspettando il momento opportuno, dopo lunghe attese e  improvvise intuizioni. E fu opera d’arte.

Follia di sani o sana follia?

Vita che sa di noia o di opera d’arte?

Pacifico o vivo?

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