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Appendice

1. Fonti a cui si dissetò Teresa Benedetta della Croce


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APPENDICE

1. Fonti a cui si dissetò Teresa Benedetta della Croce

Formatasi alla scuola di Husserl; Teresa Benedetta rimase sempre intellettualmente una fenomenologa. Ma una fenomenologa cattolica della miglior specie.

Le fonti principali da cui ha desunto il suo pensiero su Dio sono:

San Tommaso d’Aquino

Il passaggio dall’ebraismo al cattolicesimo è avvenuto all’interno di una ricerca filosofica che l’ha condotta da Husserl a san Tommaso. “Attraverso la scolastica, in cui sono una principiante (anche se non lo sono in filosofia) mi sono avvicinata a san Tommaso”.

Aveva precedentemente abbandonato l’insegnamento a Spira per dedicarsi con meno interruzioni alla sua vasta opera filosofica, allora titolata Potenza e atto. Scrivendo ad una suora il 28 marzo 1931, afferma: “San Tommaso non era più contento di ore rubate, mi vuole tutta intera”.

A Spira traduce le Quaestiones disputatae de veritate (Dispute sulla verità) dell’Aquinate. In quegli anni scrive pure La fenomenologia di Husserl e la filosofia di san Tommaso; è un tentativo di accostamento della fenomenologia al tomismo. Con questo suo saggio riesce ad entrare quasi a sua insaputa nella “filosofia perenne” del santo. La assimila. La approfondisce. La trasmette nel suo vivere quotidiano.

Santa Teresa di Gesù

Al Carmelo, Teresa Benedetta si applica alla conoscenza dei suoi santi fondatori, da lei stimati e venerati profondamente: Teresa di Gesù e Giovanni della Croce.

Della prima aveva già una certa conoscenza, se fu proprio la lettura della sua Vita a rivolgerla decisamente verso Dio nella felice conversione.

Il primo gennaio 1922, ricevendo il battesimo, al suo nome, aggiunge quello di Teresa, perché la santa di Avila l’aveva guidata nella scoperta della Verità assoluta. Da religiosa il nome di Teresa divenne il suo primo nome, seguito da quello di Benedetta.

Della santa fondatrice scrive nelle sue lettere, dove familiarmente, come tutte le carmelitane, la chiama “la nostra santa Madre”: “ dovrei essere in clausura per la festa della nostra santa Madre Teresa”; “ la nostra santa Madre Teresa portava, fino a quando si è trasferita nel monastero di san Giuseppe, il suo nome di famiglia”.

E scrive pure l’operetta Il Castello dell’anima, in cui descrive l’opera teresiana Castello interiore.

Cita la santa anche nella nota 87 della sua opera filosofica Essere finito e Essere eterno, quando tratta della conoscenza di sé.

San Giovanni della Croce

La dottrina del santo dottore affascinava particolarmente l’interesse della giovane filosofa. Vi trovava un pensiero logico, una chiarezza dottrinale attinente alla sua mentalità. Inoltre aveva con il santo un’altra consonanza per quel che riguarda il mistero della croce, che l’aveva attirata sin dal 1917, quando, trovandosi in casa dell’amica Anne Reinach, scoprì la ricchezza celata nella croce di Cristo.

La conoscenza delle opere di san Giovanni della Croce l’aiuterà molto nella crescita della sua vita spirituale. Di lui parla pure nelle sue lettere e più spesso che di santa Teresa. Durante gli esercizi spirituali in preparazione della vestizione prima e della professione poi, si intrattiene, “nell’isolamento della sua cella”, con le opere del santo padre.

“Mi farà da guida il nostro Padre Giovanni della Croce con la “Salita al monte Carmelo””.

“Per la preparazione vera e propria alla professione ho scelto come guida il nostro ven. Padre Giovanni della Croce, come ho già fatto prima della vestizione”.

“Oggi inizia la novena di preparazione alla festa del nostro ven. Padre Giovanni”.

Quando, in occasione del quarto centenario della nascita del santo, le fu chiesto un saggio su di lui, ella era talmente “penetrata nella dimensione elevante e trasformante del mistero della Croce, da trovar quasi naturale impostare tutto il suo saggio su tale mistero”.

Malgrado la riservatezza naturale di Teresa Benedetta, Scientia crucis ci rivela una grande sintonia mistica tra Giovanni della Croce e Teresa Benedetta della Croce.

Pseudo Dionigi (Dionigi l’Areopagita)

La nostra santa si è ispirata anche a Dionigi e alle sue opere, scrivendo l’ultimo suo lavoro filosofico, Le vie della conoscenza di Dio, composto nel 1941 mentre si trovava nel Carmelo di Echt.

Subito dopo aver terminato questo piccolo trattato, si accinge alla stesura di Scientia crucis. Afferma difatti:

“In settembre ho spedito un piccolo trattato a Buffalo, dove viene pubblicata una rivista americana in sostituzione dell’Annuario di Husserl. Chissà se arriva. Ora cerco di preparare qualcosa per il quarto centenario della nascita del nostro ven. Padre Giovanni della Croce”.

Grazie alla previa conoscenza della dottrina dell’Areopagita, che tratta in modo sublime dell’esperienza di Dio, Teresa Benedetta poté comprendere più agevolmente e gustare più profondamente la teologia mistica di Giovanni della Croce.

Teresa di Lisieux

La santa francese influenzò positivamente il pensiero di Teresa Benedetta, se questa arriva a parlare di lei come “di una persona totalmente informata dall’amore di Dio. Non conosco nulla di più grande e vorrei imparare da lei il più possibile, per me e per tutti quelli che mi stanno attorno”.

Fa riferimento alla santa del puro abbandono in Dio nella sua opera Essere finito e Essere eterno, là dove parla del “bambino che vive sicuro e tranquillo perché sorretto dal braccio robusto”.

San Benedetto

Edith lo prese a suo patrono. Ne desiderò anche il nome da religiosa. Venne formata presso l’abbazia benedettina di Beuron dall’abate don Raphael Walzer, direttore sapiente e illuminato. Egli, conoscendo intimamente la sua penitente, la lanciò in breve e soavemente ad un’eccelsa santità. Beuron divenne come la seconda casa di Edith. Vi si recava per periodi più o meno lunghi per fare riposare la sua anima assetata di Dio. Scrivendo ad una superiora il 23 luglio 1934 dichiara:

“Mi chiede chi è il mio patrono. Il ven. Padre Benedetto, naturalmente. E’lui che mi ha adottata e mi ha dato ospitalità nel suo ordine benché io non sia mai stata una sua oblata, dato che fin da allora c’era solo il monte Carmelo in cima ai miei pensieri”.

Sant’Agostino

E’menzionato spesso in Essere finito e Essere eterno, specie verso la fine. Le opere più citate del santo sono: De Trinitate, Commento al Vangelo e alla prima Epistola di San Giovanni, Soliloqui. Agostino di Tagaste è ammirato da Teresa Benedetta anche per la sua conversione tardiva, come successe pure a lei.

Santa Elisabetta d’Ungheria

A Zurigo il 24 gennaio 1932, Edith parlò di questa santa. Ne tratteggiò la vita intessuta di carità ardente e operosa, di ascesi cristiana, di serenità, di obbedienza. Elisabetta avrà certamente “alimentato misteriosamente il fuoco d’amore” nell’intimo di Edith, negli anni in cui ancora svolgeva l’attività di insegnante, mentre era fortemente sentito in lei il desiderio di realizzare la sua vocazione carmelitana.

Tutti questi santi e altri ancora, se pur in modo minore, hanno influenzato e plasmato il pensiero e il cuore di santa Teresa Benedetta della Croce e ne hanno modellato l’irripetibile fisionomia spirituale.

2. Novità apportata dall’esperienza di Teresa Benedetta della Croce

Teresa Benedetta è tra le più interessanti figure del nostro secolo travagliato. “Ella possiede una forte personalità scientifica e pertanto la teoria è sempre presente nei suoi scritti. Però questa concettualizzazione è riflesso e fonte della sua vita. Precisamente perché il suo vivere ha raggiunto queste cime della perfezione che si identificano con la configurazione a Cristo, la sua vita e il suo pensiero cristologico sono un “modello” della cristologia per il cristiano di oggi”.

Ella è una donna completa, come poche: ha intelligenza, intuizione, bontà di cuore, comprensione, sensibilità, tenerezza. Attraversa le fasi più difficili del suo tempo, martoriato da due guerre mondiali, e incontra infine se stessa, il proprio io in Dio.

Punto focale della sua esperienza, che illumina tutta la sua esistenza e le dà una nuova ed elevante prospettiva e direzione, è la scoperta di Dio, verità assoluta. Un’esperienza di Dio che parte dall’intimo. Dalla conversione in poi intesse un rapporto personalissimo di comunione e di amicizia con Gesù Cristo Dio. All’interno di questo rapporto creativo risolve evangelicamente tutto quanto si presenta a lei nella quotidianità dell’esistenza.

Si lascia amare dal Signore e riceve questo amore che si trasforma, per sua volontà decisa, in dono reciproco. In dono sponsale. Si apre totalmente alle effusioni d’amore di Dio-Trinità.

“L’amore è in ultima analisi dono del proprio essere e identificazione con l’amato”.

Una vita altamente teologale, quella di Teresa Benedetta, vissuta nella ricchezza del mistero pasquale. In tal senso la chiave della sua spiritualità è da ricercarsi nel dinamismo donato dalla fede-carità-speranza, che la porta all’essenziale e le permette di vivere in dimensioni sempre più ampie e consolanti.

Dio, presente e vicino, ma pure avvolto nel mistero, cammina con lei e non le fa mai mancare le indicazioni della strada da seguire.

Ella lo conosce con la stessa luce di Dio: la Rivelazione. Attraverso la Parola rivelata l’Essere eterno le si dona e la illumina nella via terrena, che dalla croce conduce alla gloria.

Qual è il mezzo che la guida alla più stretta somiglianza con l’Amato? Ovviamente la Croce, che l’ha condotta alla più alte cime.

“La Croce è la via che dalla terra conduce al Cielo. Chi l’abbraccia con fede, amore, speranza viene portato in alto, fino nel seno della Trinità”.

Ecco affermata la più alta teologia della Croce. Pertanto, grazie alla sua forte esperienza personale, Teresa Benedetta della Croce è la teologa della Croce per eccellenza. Di quella Croce che è partecipazione alle sofferenze di Cristo. Di quella croce che è salvezza redentiva. Di quella Croce che, accolta per amore, è sorgente di intima gioia, se pure non sentita. Perché è la stessa Croce di Cristo, dove fermenta già la risurrezione.

La Croce è vista nella sua pienezza. Cioè inserita nel mistero pasquale di passione, morte e risurrezione di Gesù. In questo mistero pasquale ruota la vita e il pensiero della nostra Santa. Tutti gli altri misteri di Cristo convergono verso questo come a loro punto focale.

Il mistero pasquale semina la vita nella morte. Anzi, rende la sofferenza, il “cotidie morior” paolino, luogo fecondo di beatitudine eterna. Il morire per vivere e il vivere nel morire, paradosso e scandalo del cristianesimo, trova ancora una volta in Teresa Benedetta la sua luminosa conferma.

Se la Croce è il mezzo prescelto da Cristo per la salvezza dell’umanità, è essa sola che ci può liberare ed elevare fino alla comunione con Dio. Essa, difatti, è il punto di maggiore unione tra l’essere umano e Dio.

Alle soglie del terzo millennio dell’era cristiana, Teresa Benedetta offre il proprio contributo personale alla nuova evangelizzazione, annunciando, con la sua testimonianza vissuta, Cristo morto in Croce e risorto glorioso per la salvezza dell’umanità tutta. Ella ha molto da dire in un taglio di storia che ha smarrito il senso di Dio e pure il senso dell’umanesimo cristiano.

Dotata di mentalità creatrice e concreta, non accetta passivamente gli accadimenti della vita e di tutto quanto la circonda. Ricerca e scopre nella Verità assoluta il significato ultimo dell’esistenza e di ogni cosa.

Il segreto della esistenza di fede di Teresa Benedetta è da ricercare nella sua totale adesione alla Verità. Alla luce di questa Verità comprende il significato nuovo e mai pensato che la sua vita acquista dall’incontro personale con Cristo. Questo rapporto personale è in lei come lo è in ciascuna persona umana qualcosa di così profondo e radicale da costituire il centro propulsore della sua spiritualità. Afferrata da Dio lo rimarrà sempre. Anzi in crescendo. Ma sempre nella fede, tra il “già” e il “non ancora”.

Nel 1941 poteva affermare: “Ecco ciò che chiamiamo esperienza di Dio nel senso proprio e che è centro di ogni esperienza mistica: l’incontro con Dio da persona a persona”.

L’esperienza interiore di Dio!

E’la vita di ogni persona. Teresa Benedetta ce lo ripete: ognuno di noi ha un assoluto bisogno di incontrarsi con Dio-Trinità, “da persona a persona”. Perché nel volto di ogni essere umano brillano, più o meno fedeli, i lineamenti del figlio di Dio.

Ci ricorda ancora che:

1) È semplicistico e da intelletti non sufficientemente aperti fermarsi alla natura senza indagare l’oltre nascosto in essa.

2) Si progredisce se si impara a conoscersi. Non si può arrivare, però, a conoscersi seriamente senza l’aiuto della grazia che “illumina il fondo dell’essere”. E’ nell’intimo di ciascuno che è in gioco il significato ultimo della propria esistenza.

3) L’autentico progresso si produce all’interno del proprio essere, nella calma e nella quiete dell’animo.

4) La persona umana vale nella misura in cui fa spazio a Cristo.

Con la conoscenza del proprio intimo, la nostra Santa ci guida ad un rinnovamento di vita che sappia eliminare tutto quanto può intralciare o sciupare l’opera dello Spirito Santo in noi.

E ci incoraggia ad essere testimoni di speranza.

La persona d’oggi, pur se tecnologizzata, non è stata depistata dal cammino della fede. Ha fame e sete di Dio. Nessuna cosa, nessuna realtà umana riesce a togliere Dio dal suo cuore, creato per Lui. Per la sua gloria.

Anzi, proprio oggi, nella nostra epoca di confusione, dissidi, violenze, rapine, si avverte il bisogno insopprimibile di Dio, della preghiera, di accostarsi ai santi, che, avendo trovato Dio, hanno trovato se stessi. Essi offrono una testimonianza vissuta, segnata da autenticità e coerenza.

La persona d’oggi è assetata di Dio, perché assetata di verità, di quella verità derivante dall’Amore. Ha capito che la vita umana porta in sé l’anelito a pervenire fino all’Essere eterno.

Fine testo.

Edith Stein

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