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In Ruanda l'incontro dei giovani di Taizé

Dal 14 al 18 novembre fa tappa a Kigali il Pellegrinaggio di fiducia sulla terra, iniziato da frère Roger, fondatore della Comunità di Taizé. «Scopo dell'incontro è celebrare Cristo, andando tutti insieme alle sorgenti della fiducia per rinnovare l'impegno nella Chiesa e nella società.


In Ruanda l'incontro dei giovani di Taizé

da Attualità

 

Fa tappa in questi giorni in un Paese dell'Africa che ha conosciuto in anni recenti un genocidio sanguinoso il Pellegrinaggio di fiducia sulla terra, l'iniziativa di preghiera e testimonianza di riconciliazione iniziata da iniziato da frère Roger, il il fondatore della Comunità di Taizé. Dal 14 al 18 novembre il pellegrinaggio fa tappa infatti a Kigali, in Ruanda.

Diverse migliaia di giovani giungeranno a Kigali dal Ruanda e da altri paesi dell’Africa Orientale. Ma ci saranno anche giovani provenienti dal Sud Africa, dal Madagascar, dal Sudan, dallo Zambia, dal Malawi, dalla Repubblica Democratica del Congo e dele gazioni dall’Europa, dall’America e dall’Asia. «Scopo dell’incontro - ricordano i frères di Taizé - è celebrare Cristo, andando tutti insieme alle sorgenti della fiducia per rinnovare l’impegno nella Chiesa e nella società. La preghiera comune (con un tempo di silenzio meditativo e i canti), la riflessione biblica, la condivisione delle esperienze, l'incontro con le famiglie ospitanti e le comunità cristiane locali saranno i punti salienti dell'incontro».

Il Pellegrinaggio di fiducia sulla terra giunge in Africa dove aver fatto negli ultimi anni tappa in Asia (Manila, 2010), in Sud America (Santiago del Cile, 2010) ed in Europa (Rotterdam, 2010).

A rendere particolarmente significativo l'evento di Kigali è il fatto che si svolga in un Paese dove la fiducia e la speranza devono fare i conti con un conflitto recente che ha provocato 800 mila morti, 2 milioni tra profughi e sfollati.

Quali sono le attese di giovani africani rispetto a questo evento?

Leggiamo la testimonianza di Nicolas, un giovane del Ciad.

Nicolas Noudjimadji, un giovane del Ciad, condivide la sua speranza e la sua riflessione sulla necessità di creare nuovi legami tra i continenti, dal momento che diverse società e la situazione internazionale continuano ad evolversi e nuove pieghe rischiano di comparire in diversi lati. I battezzati condividono la consapevolezza di una fraternità che trascende i confini ed i particolarismi. Questo dà loro la capacità, ma anche la responsabilità, di rendere visibile l’unità della famiglia umana. Se venissero a dimenticare questa speranza sotto il moggio, lasciarebbero terreno libero allo spirito di concorrenza, che può espandersi fino alla violenza. Il pellegrinaggio di fiducia sulla terra e la sua tappa a Kigali vogliono contribuire a sostenere questa consapevolezza e questa speranza tra i giovani. Africa speranza

La maggior parte delle persone che conoscono l’Africa attraverso i media apprendono soltanto di guerre, continue carestie, malattie e corruzione, creandosi un’immagine sbrigativa e negativa di questo continente. Noi, giovani africani, dobbiamo ammettere che tutto ció descrive una parte della realtà, tuttavia a volte in modo un pó esagerato. Non è un segreto che l’Africa abbia vissuto e continui a vivere nella guerra: in Sudan (Darfur, Kordofan), nel Sudan meridionale (tra tribù e gruppi etnici), in Somalia, in Niger (conflitti armati e colpi di stato a ripetizione), in Mali, in Ciad e in Mauritania, solo per citare alcuni esempi. A tutto questo si aggiungono le violenze post-elettorali... Con diverse centinaia di milioni di chilometri quadrati di terra coltivabile, l’Africa sta ancora lottando per nutrire adeguatamente la sua popolazione, una popolazione devastata da decenni di malattie. Come coronamento del tutto, l’Africa detiene il record di corruzione. Sette dei dieci Paesi più corrotti del mondo si trovano in Africa. Tutto questo, purtroppo, dà l’impressione al mondo esterno che l’Africa stia affondando per sempre nel caos e nella desolazione.

Certamente, questo non fa l’orgoglio dell’Africa e degli africani. Ma io non sono scettico sul futuro dell’Africa. Sono tra coloro che vedono l’Africa più profonda, viva, attiva ed anche felice. Sì, ci sono le guerre, la carestie, le malattie, ma ci sono anche cose più belle e più forti. La gioia, la pazienza, l’ospitalità, la speranza e la fede, anche questa è l’Africa. Abbiamo bisogno di rendere tutte queste ricchezze più visibili, più accessibili e tangibili. Per raggiungere questo obiettivo, non dobbiamo elencare i nostri problemi, cercare di fuggirli, o ignorarli, bensì dobbiamo cercare di interiorizzarli, rendendo le nostre preoccupazioni personali e affrontandole con maggiore coraggio e fiducia.

E’ vero che viviamo in un mondo dove tutto si muove velocemente e il mondo occidentale ci affascina così tanto che vogliamo che l’Africa assomigli sempre di piú all’Europa o agli Stati Uniti. Questa non è una brutta cosa in sè, perché dimostra che vogliamo vedere un’Africa più prospera. Tuttavia, non dimentichiamo che i nostri Paesi esistono come Stati liberi in media da una cinquantina d’anni. Dobbiamo essere pazienti.

Tornato a casa dopo un anno trascorso in Francia, pochi giovani che conosco mi hanno trasmesso parole di fiducia e di speranza. Molti mi hanno fatto domande come: "Perché sei tornato? Non vedi che tutti cercano di fuggire da questo Paese?". Oppure: "Faresti meglio a lasciarci perché qui tutto è una seccatura, povertà... non c’è alcuna speranza per noi". Ciò che mi ha fatto più male è stato quando uno di loro mi ha detto: "Questa è la dodicesima stazione, la gente viene inchiodata. Vuoi farti inchiodare anche tu con loro?". Si riferiva alla dodicesima stazione della Via Crucis. Mi sentivo completamente abbattutto, nel mio stesso Paese. Per fortuna non tutto è finito, anche quando pensi di aver perso tutto. Un amico mi ha ridato coraggio e fiducia verso il mio Paese quando mi ha detto: "Vivere è sperare, e sperare è agire. Finché vivi e ovunque tu viva, devi vivere nella speranza di un domani che non conosci, agendo con gioia e con un cuore buono’’. Allora agiamo, noi che speriamo e abbiamo fiducia nell’uomo africano. Affinché i nostri fratelli che si disperano possano ritrovare fiducia in loro stessi e nell’Africa. E vivere.

Ma come agire? Con 54 Stati, l’Africa è un continente molto grande. I contesti economici, sociali e politici dei nostri paesi non sono gli stessi, ma i giovani devono affrontare la stessa realtà. Sono convinto che ogni giovane africano, ovunque si trovi, cerchi in un modo o nell’altro di migliorare la propria situazione e si muova verso un futuro di cui vuole essere creatore. Tuttavia, potremmo essere più forti di fronte alle nostre sfide comuni, se intraprendessimo anche delle azioni comuni. Le azioni comuni richiedono certamente unità. Ma per raggiungere l’unità, è importante che ci parliamo. Parliamo un linguaggio semplice e fraterno. Non è questione di accusare, giudicare o condannare, bensì, appoggiamdoci sul passato e illuminando il presente, dobbiamo proiettarci con coraggio in un avvenire che sarà un sogno comune. E’ vero che è come camminare su un sentiero spinoso. Ma camminando nella fede, questa via ci condurrà alla vita, alla vita dei nostri fratelli, alla vita di Dio.

L’Africa è senza dubbio una terra di fede. Dobbiamo vivere ogni cosa, felici o infelici, nella speranza, una speranza viva e attiva. Per questo, la fiducia nell’Africa e in noi stessi è necessaria.

Sono stato personalmente interpellato dalla Comunità di Taizé per la scelta del Ruanda. Io non vedo alcuna eccezione. Eccetto un messaggio. Un messaggio indirizzato ai giovani africani. Diciotto anni fa, il Ruanda viveva in una situazione molto dolorosa. Nessuno all’epoca poteva immaginare ciò che il Ruanda sarebbe diventato oggi, quando è citato come un esempio nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Verremo a Kigali, in Ruanda, con gioia e vorremmo condividere questa gioia con gli altri, africani e non. Ci stiamo preparando anche ad accogliere quella degli altri, che forse non si manifesterà nello stesso modo della nostra, ma è pur sempre la stessa gioia.

Il messaggio di questo incontro è quello di dare speranza ai giovani africani. Abbiamo bisogno di capire che questo sole che splende sopra di noi è il sole di Dio. E’ sotto questo stesso sole che le persone hanno commesso degli errori, ed è anche sotto lo stesso sole che possiamo riparare questi errori.

Per l’Occidente è giunto il momento di cambiare modo di vedere l’Africa: l’Africa è la speranza del mondo. Penso che ci sia speranza per l’Africa. E la speranza dell’Africa, è la speranza dei suoi giovani.

Che le nostre preghiere accompagnino la nostra speranza!

Nicolas

 

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