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Gmg 2013: Andare

Il messaggio della Giornata Mondiale è tratto dalla conclusione del Vangelo secondo Matteo. Una riflessione biblica su uno degli aspetti che emergono dal Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (cf. Mt 28,19).


del 24 giugno 2013

Una riflessione biblica su uno degli aspetti che emergono dal Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (cf. Mt 28,19).

Galilea: lo scenario della missione cristiana

Il messaggio della Giornata Mondiale è tratto dalla conclusione del Vangelo secondo Matteo, condensata nell’ultima pericope di Mt 28,16-20 (cf. Mc 16,15-17).

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

Il noto testo matteano si articola in due parti: nella prima parte (vv. 16-17) si descrive il movimento deli Undici discepoli che obbediscono alla parola di Gesù (cf. Mt 26,32) e si recano in Galilea su un «monte», dove incontrano il Risorto pur permanendo nel dubbio. La seconda parte (vv. 19-20) riporta le parole del Signore che contengono il comando della missione. Perché l’ultimo incontro avviene in Galilea? Si tratta della regione da cui Gesù ha iniziato la sua missione, corroborata dalla citazione anticotestamentaria del «popolo che camminava nelle tenebre» (Mt 4,12-16; cf. Is 8,23-9,1). La Galilea è il luogo della chiamata dei primi discepoli, avvenuta sulle rive del lago (cf. Mt 4,18-2). Essa è posta a confine tra il popolo ebraico e «le genti» pagane e rappresenta una realtà cosmopolita, aperta al futuro, luogo di missione e di evangelizzazione. Il ritorno in Galilea indica il movimento della Chiesa dopo la Pasqua: aprirsi all’orizzonte della missione universale, confrontarsi con le sfide mondiali, guardare oltre le sicurezze che provengono dall’istituzione templare e dalla legge sinaitica conservata e seguita dal popolo dell’alleanza. La missione cristiana inizia a Gerusalemme e prosegue attraverso la Galilea fino agli estremi confini della terra (cf. At 1,8).

 

L’impiego biblico del verbo «andare»

E’ singolare come alla fine del Vangelo secondo Matteo l’ultima consegna del Risorto ai discepoli radunatisi in Galilea consiste nel comando della missione: «Andate» (letteralmente: «andando…fate discepoli»). Il verbo descrive l’azione dei discepoli che «si recano» in Galilea (Mt 28,16) e in seguito è posto sulle lebbra del Risorto (v. 19) che affida agli Undici la missione dell’evangelizzazione.

Tra i vari verbi di movimento impiegati nei racconti della Bibbia (hodege≈ç = condurre sulla strada; peripate≈ç = camminare; erchomani = venire; eiserchomani = entrare; aperchomai = andare via; perierchomani = girare; katanta≈ç = giungere; trech≈ç = correre), l’evangelista pone sulla bocca di Gesù il verbo poreuomai (= andare, camminare, viaggiare) che delinea la dimensione missionaria dei credenti. Il verbo «andare» traduce variamente l’ebraico hƒÅlak, che è reso nei racconti dell’Antico Testamento con più significati. Lo troviamo impiegato con il senso di camminare, viaggiare (cf. Gen 12,4-5; Dt 1,19.33); altrove acquista il significato di «seguire qualcuno» (Gdc 13,11) o di obbedire a un comando (cf. Gen 22,2; 2Sam 7,5). Con una valenza simbolica il verbo è usato per indicare la dipartita dalla vita e l’andare nel regno degli inferi (cf. Gb 10,21; 16,22; Qo 9,10).

Focalizzando l’analisi sulle testimonianze neotestamentarie cogliamo l’importanza dell’«andare» nella vita di Gesù e della comunità cristiana. Incontriamo il comando di andare da parte di Dio (cf. Mt 2,20 e 22,9), di Gesù (cf. Mt 10,6; 21,2; Gv 20,17; At 9,15; 22,10.21) e dello Spirito Santo (cf. At 10,20). Al comando divino segue la risposta della missione (cf. At 16,4.7; 18,6; 19,21; 20,1; 21,5). L’attestazione dell’andare è presente anche nelle lettere paoline (cf. Rm 15,24; 1Cor 16,4.6; 1Tm 1,3). Le ricorrenze prevalenti del verbo poreuomai nell’opera lucana (55x nel vangelo; 38x in Atti) rivelano l’importanza del motivo teologico dell’«andare» nella presentazione della missione di Cristo e della Chiesa da parte del terzo evangelista.

L’«andare» come risposta alla vocazione e alla sequela voluta dal Padre è accompagnato dal verbo della necessità («è necessario andare…», cf. Lc 13,33): Gesù vive la sua missione «percorrendo le città, insegnando, guarendo» (cf. Lc 7,11; 13,22; cf. Mt 9,35). L’andare del Cristo inizia da Nazaret (Lc 4,30) e si estende lungo le strade della Palestina, dove avviene l’incontro con la gente di ogni tipo e si realizza l’annuncio del Regno: nella sinagoga (Lc 4,16-30), nella famiglia (Lc 10,38), nella casa del fariseo Simone (Lc 7,36-50) e del pubblicano Zaccheo (Lc 19,1-10). Il procedere di Gesù «evangelizzatore» dei poveri consiste nell’accettare di andare sulle strade della sofferenza (cf. Lc 7,11-17), nel sostare accanto ai malati nelle piazze delle città, nel predicare alle folle in luoghi deserti, nell’oltrepassare l’ostilità delle città straniere (cf. Lc 9,53-56). Il progetto teologico lucano mostra come il Cristo obbedisce alla missione del Padre nell’andare verso Gerusalemme, la città santa dove si compirà il suo destino. Nel salire decisamente verso Gerusalemme (Lc 9,53; 17,11) possiamo cogliere la «necessità» della missione di Cristo per la salvezza dell’umanità. La sua stessa passione è un «andare» verso il Padre «secondo quanto e stabilito» (Lc 22,22). Questo andare non si arresta con la tragedia della morte, ma prosegue nella risurrezione, camminando accanto ai discepoli di Emmaus e finalmente salendo alla destra di Dio (cf. At 1,10). In questa prospettiva l’evangelista Giovanni presenta la morte di Cristo come un «andare al Padre» (Gv 14,12.28; 16,28) utilizzando l’immagine esodale del viaggio (cf. 1Pt 3,19.22; At 1,25).

 

L’«andare» della Chiesa

La precedente analisi svolta permette di cogliere il collegamento tra la missione di Gesù e la continuazione dell’evangelizzazione affidata alla comunità cristiana. Secondo il comando del Risorto i discepoli sono inviati sulle strade del mondo per vivere l’avventura del Vangelo. Alla prima evangelizzazione sperimentata durante la missione terrena del Signore (cf. Lc 9,1-2; Mt 10,1-4), segue ora l’impegno di «andare» come comunità credente sulle strade del mondo fino agli estremi confini della terra. Da questa consegna si coglie la natura missionaria della Chiesa voluta e fondata da Gesù. Essa è chiamata a rispondere coraggiosamente alla chiamata evangelica. Dall’annuncio ricevuto in segreto al vangelo proclamato a tutti: obbedendo alla volontà del Signore, i credenti sono chiamati a proseguire il discepolato nello stile del cammino segnato dal Maestro. Dopo l’Ascensione attraverso di essi si rende presente Cristo Risorto, mediante la Parola proclamata, celebrata e testimoniata.

La straordinaria narrazione della vita ecclesiale negli Atti degli Apostoli conferma lo sviluppo del cammino della comunità a partire dal dono dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (cf. At 2,1-12). Dal nascondimento timoroso del Cenacolo, gli apostoli visitati dalla forza dello Spirito Santo si aprono alla missione secondo il mandato del Risorto: «Andate». Nella narrazione lucana si evince il «cammino della Parola» attraverso la Chiesa, guidata dallo Spirito (cf. At 6,7). Il «cammino della Parola» indica il processo dell’azione salvifica realizzata da Dio in Cristo attraverso la storia umana. Esso non va inteso come fortuita diffusione da parte dei seguaci della dottrina cristiana, bensì come dispiegamento stabilito dalla provvidenza divina del progetto. Possiamo segnalare cinque sviluppi del cammino della Chiesa nel racconto degli Atti:

- lo sviluppo storico che si articola in tre fasi: il passato considerato come tempo della promessa e della preparazione (At 7,17; 13,32); il presente segnato dal compimento delle promesse in Cristo e dalla missione della chiesa (At 2,33); il futuro verso cui è dinamicamente protesa l’intera comunità cristiana (At 2,47).

- lo sviluppo missionario che conferisce al «cammino della Parola» una valenza universalistica;

- lo sviluppo ecclesiologico nella quale si inserisce a pieno titolo il «cammino della Parola» che si attua mediante l’esperienza itinerante della comunità;

- lo sviluppo pneumatologico è rappresentato dal ruolo primario e specifico assunto dallo Spirito nell’opera lucana. Sussiste un essenziale legame tra lo Spirito e la missione-annuncio che evidenzia il ruolo del «cammino della Parola» come «cammino dello e nello Spirito». Come in una grande inclusione, da At 2,4 a 28,25 vi è la relazione tra parola e Spirito che rappresenta la chiave di lettura dell’intero «cammino» della chiesa in stato di evangelizzazione.

- lo sviluppo carismatico-ministeriale rappresenta una realtà in atto nell’ambito della comunità evangelizzante, alla cui origine va collocata l’azione dello Spirito Santo.

Così il «cammino della Parola» si espleta storicamente e si configura mediante diversi servizi e ministeri ecclesiali riguardanti il campo dell’evangelizzazione: anzitutto la costituzione degli Apostoli «scelti in forza dello Spirito santo» (At 1,2), nella «elezione dei sette diaconi» (At 6,1-6) specificamente costituiti per svolgere il servizio caritativo, cosi da consentire agli apostoli di dedicarsi alla preghiera e al «ministero della parola» (diakonia tou logou).

Da Gerusalemme alla Giudea (At 8,1; 9,31-43) e alla Samaria (cf. At 8,4-40), prima l’esperienza di Pietro (cf. At 10,42) e successivamente quella di Paolo (cf. At 11,20) confermeranno il dinamismo della Chiesa missionaria. Il mondo attende l’annuncio del Vangelo e la piccola comunità dei cristiani cresce in modo progressivo con l’espandersi della predicazione.

In definitiva l’andare della Chiesa esprime il dovere dell’evangelizzazione e la natura stessa della fede che si fa «pellegrina» di speranza. Alla narrazione dell’andare presentata negli Atti degli Apostoli fa eco la riflessione di San Paolo e del movimento ecclesiale a lui collegato. In prima persona san Paolo sente la responsabilità della missione (cf. Rm 1,14-15; 1Cor 9,16) e si mette costantemente in gioco, accogliendo il dinamismo ecclesiale che muove dal di dentro l’esperienza cristiana. Dalla chiamata all’apostolato Egli interpreta l’andare nelle città dell’impero come il compito affidatogli da Dio quale «strumento eletto perché annunzi il suo nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli di Israele» (At 9,15).

 

L’«andare» dei giovani

Il mondo giovanile si sente interpellato dall’invito ecclesiale di «andare». Si tratta di un movimento che caratterizza l’esistenza giovanile e la coinvolge nell’avventura dell’evangelizzazione. L’apertura alla vita, il desiderio di scoperta, il coraggio di costruire un futuro migliore sono le condizioni che albergano nel cuore dei giovani. L’andare della Chiesa diventa un’autentica opportunità per tanti giovani. Si possono evidenziare tre motivazioni principali che definiscono la dinamica giovanile dell’«andare».

- In primo luogo l’«andare» risponde al bisogno antropologico dell’affrontare e costruire con le proprie mani il futuro. La consapevolezza della sfida è grande. I giovani di ogni continente hanno una percezione molto più chiara e realistica delle difficoltà che il futuro nasconde. Pertanto l’invito a mettersi in cammino per un ideale, guardando alla meta della missione, significa accettare di non bloccarsi né di chiudersi nel perimetro del proprio mondo privato, ma accogliere la realtà nuova e imprevista dell’incontro con altri giovani e con altre culture, con cui confrontarsi.

- In secondo luogo l’«andare» dei giovani non è mai un’iniziativa totalmente privata, ma coinvolge sulla strada nuovi compagni e crea amicizia e appartenenza. Per i giovani in cammino, la strada diventa un concreto «incrocio» di esperienze e di conoscenze. In tal modo la dinamica della missione si traduce in comunicazione, confronto, scoperta delle diversità, riflessione sulla propria condizione umana e spirituale, proposta di collaborazione. L’Andare dei giovani è un «crescere» dentro la vita e un imparare a diventare protagonisti del proprio futuro.

- Infine accogliere l’invito a «andare» significa obbedire a una Parola che porta vita. E’ un servizio alla vita e alla costruzione di una nuova umanità. Dall’invio che Gesù propone alla comunità apostolica si può comprendere la reale portata del messaggio cristiano. Andare significa obbedire al progetto di Dio, che affida alla Chiesa il cammino del Vangelo. In questo senso l’andare dei giovani rappresenta la vera forza propulsiva del processo di evangelizzazione dei popoli.

 

Attualizzazione

La ricchezza emersa dalla riflessione biblica intorno al primo tema del Messaggio della GMG 2013 chiede d’essere attualizzata perché la Parola sia incarnata nel nostro vissuto. Segnaliamo quattro prospettive per l’attualizzazione:

- Tornare in Galilea

La dinamica dell’«andare» che costituisce il dinamismo missionario della Chiesa deve poter ripartire dalla «Galilea». Terra di confine, regione cosmopolita, punto d’incontro e di apertura universale, la Galilea rappresenta il «luogo simbolico» dell’andare della Chiesa. I discepoli hanno intrapreso l’esperienza della sequela dal lago di Galilea e dopo la Pasqua sono chiamati a ripartire dalla Galilea. La Galilea è rappresentata simbolicamente oggi l’apertura al processo di globalizzazione, che coinvolge le relazioni interpersonali e condiziona spesso le scelte del mondo degli adulti e dei giovani. Sul confine tra il centro e la periferia dell’esperienza della fede e dell’incontro con Cristo si colloca la Galilea. «Tornare in Galilea» significa oggi avere il coraggio di accogliere l’invito a rimettersi in cammino, rispondendo all’appello di Cristo Risorto che schiude nuovi scenari di evangelizzazione.

- La pedagogia della strada

Andare evidenzia l’idea della strada e la sua pedagogia. Fin dall’inizio le Giornate Mondiali della Gioventù hanno espresso l’idea del viaggio verso un luogo d’incontro. Andare significa prepararsi a intraprendere un viaggio e a vivere la scoperta di un cammino verso una meta. L’invito del Risorto implica una «pedagogia della strada» a cui non ci si può sottrarre. La via condivisa con altri giovani ci aiuta a crescere e a uscire fuori dai nostri schemi: decidere di partire, mettersi in viaggio, sperimentare l’imprevisto che si cela nell’esperienza del cammino significa accettare la lezione della provvisorietà e della provvidenza di Dio, come è accaduto nel racconto biblico dell’esodo e nell’avventura dell’evangelizzazione vissuta dalla Chiesa delle origini.

- Un «esodo» dentro l’esodo

La condizione previa per vivere l’andare è rappresentata dal processo interiore di liberazione. Il racconto di Mt 28,16-20 evidenzia la fatica di credere da parte dei discepoli (v. 17: «essi però dubitavano»). La schiavitù che genera blocchi interiori e non apre alla disponibilità dell’evangelizzazione è dovuta all’incredulità, alla «poca fede» nella Parola di salvezza. La scelta di «andare» nasce anzitutto dal cuore e chiede di vivere un «esodo» dentro l’esodo, cioè un cammino interiore di liberazione dal peccato e dal dubbio in vista di un cammino esteriore. Il comando di «Andare» chiede a ciascun credente di abbandonarsi nella fiducia in Dio, di lasciarsi liberare «dentro» dagli ostacoli che rallentano la dinamica del Vangelo e chiudono all’esperienza dell’amore.

- Andare: un’avventura ecclesiale

La consegna del Risorto è insieme di natura personale e comunitaria: «Andate» implica il «voi » ecclesiale. La gioia che i giovani sperimentano nelle Giornate Mondiali proviene dalla dimensione comunitaria e relazionale dell’esperienza di fede. L’altro/a è fondamentale per me e per la missione a cui siamo chiamati. Non siamo soli nel mandato a evangelizzare: l’andare è necessariamente un’ «avventura ecclesiale». La comunità dei discepoli si ritrova dopo la Pasqua in Galilea, fa esperienza del Cristo risorto e riceve il mandato di andare come un’unica realtà, senza personalismi né divisioni. Lo stile dell’evangelizzazione non può contraddire la fede e l’azione ecclesiale, data la natura stessa della Chiesa, che è «casa e scuola di comunione». Lo stile dell’andare è indicato chiaramente nelle istruzioni missionarie di Gesù ai Dodici: «Strada facendo… predicare… guarite… risuscitate… liberate… gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,5-10).

 

 

Giuseppe De Virgilio

 

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